Vigevano - L’invasione ha le dimensioni compatte di uno smartphone e quelle sconfinate di una risaia pavese. Thabo è lì che smanetta con il suo Samsung Galaxy S6, seduto bellamente sulla terrazza di una vecchia pensione immersa nelle campagne della Lomellina. Comunicare con Thabo, ventenne nigeriano scappato dalla guerra o più semplicemente attratto dalla nostra ospitalità, è una battaglia persa in partenza.
Non conosce la nostra lingua, l’inglese lo mastica a singhiozzo e non ha alcuna intenzione di staccare gli occhi da quel cellulare ultimo modello. Per fortuna a farci da “pr” ci pensa il più loquace Runako, sbarcato in Italia qualche mese prima del suo connazionale. Spiega che in albergo ci sono altri 23 migranti africani, tra cui una ragazza madre con bebè al seguito. Il titolare, che ha vinto un bando indetto dallo Stato, offre loro vitto e alloggio, ricevendo in cambio dalla prefettura 35 di euro al giorno per ogni persona accolta. È il business su scala nazionale generato dai flussi migratori. Un giro d’affari giunto anche nella provincia di Pavia, dove fino all’anno scorso i clandestini si vedevano solo in tivù. Ma oggi, per colpa della crisi, anche la “Svizzera lombarda” non è più impermeabile alle calate forestiere: parecchi proprietari di strutture ricettive a rischio chiusura scorgono l’occasione per risollevare la propria attività nell’avvento dei presunti profughi. Eccoli, i nuovi e provvidenziali clienti. Ospiti sacri ai quali garantire un tetto, un letto, pasti caldi e una serie di servizi. Magari anche un telefonino di ultima generazione, già che ci siamo.
I piccoli comuni a ovest di Pavia stanno assistendo passivamente a questa progressiva colonizzazione: Sant’Angelo Lomellina conta 25 immigrati, a Castello d’Agogna ne soggiornano 28 in un ostello, Robbio è a quota 50, Mortara, che è il paese più grande tra le frazioni limitrofe, ne contiene a stento un centinaio. Cifre destinate ad aumentare nei prossimi mesi. "Il problema è che sono mal distribuiti, soprattutto nelle località di neppure mille abitanti, per questo la loro presenza balza subito all’occhio - ammette una volontaria di un’associazione locale dedicata all’integrazione (o, come la chiama lei, interazione) - noi e la Croce Rossa aiutiamo questi ragazzi stranieri tra i 20 e i 25 anni, per lo più cristiani provenienti dalla Nigeria e perseguitati da Boko Haram, a inserirsi nel nostro tessuto sociale attraverso diversi stage formativi, per esempio accanto ad agricoltori, imbianchini o idraulici, in modo che possano comprendere come si lavora da noi. Quindi non è vero, come tanti dicono, che passano le giornate a fare niente. Delinquenti? Abbiamo accolto alcuni ragazzi espulsi da altre strutture perché si erano scazzottati con i compagni di stanza, cose che succedono alla loro età, ma non c’è mai stato alcun problema con la giustizia". Eppure un senso d’ingiustizia traspare eccome nei confronti dei lomellinesi, che non si ritengono affatto razzisti “ma presi in giro dai nostri i sindaci che spalancano le porte agli immigrati e le sbattono in faccia a noi cittadini”. Nella Lomellina soltanto Andrea Sala, primo cittadino di Vigevano da due mandati consecutivi (2010 e 2015), ha detto e continuerà a dire no ai clandestini che tenteranno di penetrare nel suo comune con la spintarella del governo: “Quando saranno a posto gli italiani, allora si discuterà su come aiutare gli immigrati, ma a casa loro", dichiara a il Giornale.it il sindaco leghista, che raggiungiamo in municipio, a due passi dalla splendida Piazza Ducale.
"Tutto il mondo sta facendo così: l’Australia, la Francia, la Spagna. L’Inghilterra ha preso una posizione ben precisa addirittura nei confronti dei comunitari. Solo il nostro esecutivo fa entrare chiunque”. Sala ci mostra una lettera inviata il 6 agosto scorso al prefetto di Pavia in cui respinge al mittente la richiesta di concedere spazi pubblici di Vigevano (fabbricati dismessi o non in uso) ai migranti, “ma lungi da me dal prendermela con il prefetto o con il questore, che non sono altro che braccia operative dello Stato”, precisa Sala, “il mio messaggio è per Renzi: mi chiedi immobili pubblici? Non te li do. Mi chiedi interventi sul privato? Io li contrasterò, sempre nel rispetto delle leggi”. Il cittadino privato, infatti, può sottoscrivere degli accordi con il Ministero degli Interni che, attraverso le sue prefetture, verifica se coloro che vogliono mettere a disposizione la propria struttura alberghiera ai migranti detengono anche i requisiti tecnici.
“Su Vigevano questa situazione di disponibilità così concreta non c’è, personalmente non sono a conoscenza di iniziative simili. Però, qualora qualche privato si muovesse in questa direzione, studierò la giusta contromisura. Se apro un’attività, devo prima essere sottoposto al controllo della Asl o dei Vigili del Fuoco, i miei impianti devono essere a norma, quindi non è che in nome dell’emergenza-immigrazione posso bypassare tout court quelle che sono le leggi stabilite ugualmente per tutti. Ripeto, se qualche privato dovesse fare il furbo sul mio territorio, prenderò seri provvedimenti. Qui non c’è trippa per gatti”. A Vigevano, spiega il sindaco, “ci sono tante partite Iva e la disoccupazione è aumentata. La crisi economica ha fatto vittime anche qui: grandi aziende hanno chiuso e troppa gente ha difficoltà a ricollocarsi nel mondo del lavoro, pertanto io devo badare a queste persone, non all’ultimo arrivato da un altro Paese. Il 90% dei migranti non scappa da nessuna guerra e, per via di una legislazione parecchio ombrosa, scaduto il permesso di soggiorno, può chiedere una proroga e intanto gironzola indisturbato per le nostre strade. Mandarli via? Non puoi, perché questo vuoto legislativo lascia tutto in sospeso. Ma io i clandestini li fermo ancora prima che entrino”.
A Vigevano, 63.442 abitanti, secondo comune più popolato della provincia dietro Pavia, vivono diversi immigrati regolari. Gli egiziani (1.692) formano la comunità più massiccia che rappresenta il 18,8% dei residenti stranieri. Seguono rumeni (13,7%), albanesi (11,2%), marocchini (7,7%), ecuadoregni (5,6%), cinesi (4,9%), tunisini (4,1%) e a scendere le altre etnie. “Abbiamo tutto sommato una situazione di equilibrio. C’è un rapporto di assoluto rispetto, ognuno fa il suo e non ci sono problemi. Ogni tanto alziamo il tono dei controlli, tenendo in considerazione i solleciti dei cittadini che ci segnalano certe anomalie. Sull’idoneità alloggiativa abbiamo applicato degli importi consistenti, necessari per far fronte alle spese vive di una speciale squadra mobile con cani antidroga che ho istituito durante il mio primo mandato nell’ambito di una politica basata sulla sicurezza. Siamo intervenuti anche nelle mense scolastiche dove c’era una forte fragilità di conti: gli insoluti riguardavano soprattutto famiglie straniere, ma alcune erano italiane. Da quando ho applicato il controllo elettronico tutti pagano regolarmente. Il mio caso attirò l’attenzione nazionale (nel marzo 2013 Sala fu intervistato da Le Iene, ndr), ma il concetto è semplice: se tu rispetti le regole, se ti comporti come uno dei nostri, io non ho nulla da dire. Chi era fuori dai canoni è stato ricondotto entro essi. In realtà i miei cittadini non sono preoccupati di quello che succede a Vigevano, ma di quello che succede nel Paese e nel mondo, perché sanno che il loro sindaco sta dalla loro parte, al contrario di chi sta al governo".
Sala, 44 anni, militante della Lega Nord dal 1989, difende il Carroccio dalle accuse di razzismo: “La Lega non è razzista, vuole solo il rispetto delle regole. Lo stato delle leggi deve essere forte e sorvegliato perché la regola va non solo scritta e applicata ma anche sorvegliata. Il vero leghista mette le regole, le fa rispettare e le controlla. Salvini premier? In questo momento storico sarebbe l’ideale per un motivo ben preciso: l’autorevolezza. E’ l’unico che ha avuto il coraggio, entrando nel Parlamento Europeo, di dire alcune cose che alla politica radical chic appaiono scomode. Salvini ha il merito di aver sdoganato il concetto di tradizione e di affetto per il proprio territorio, restituendo al pugliese la voglia di valorizzare la propria regione come un lombardo valorizza la Lombardia. Ha sdoganato il principio di identità su tutto il territorio nazionale. Qual è l’identità del vigevanese? Il vigevanese è storicamente un grande imprenditore. Il suo spirito di intraprendenza proviene dalla posizione geografica in cui è nato: è abituato a interagire con una metropoli come Milano, a confrontarsi con una realtà più provinciale come Pavia e a mantenere i contatti con città “di frontiera” come Novara, che quasi è più lombarda che piemontese. Insomma, la capacità imprenditoriale ce l’ha nel Dna.
Oggi il vigevanese soffre perché lo Stato gli impone costi di lavoro altissimi e investe poco nelle infrastrutture. Il vigevanese vuole essere rincuorato dallo Stato. Solo così tornerà a essere l’imprenditore vincente e apprezzato non solo in Italia ma anche nel mondo”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.