Virus, immigrati e clima. Ecco l'agenda di Biden

Un nuovo piano contro il coronavirus, il rientro nell'accordo di Parigi sul clima, il ripristino del programma che protegge i Dreamers

Virus, immigrati e clima. Ecco l'agenda di Biden

Un nuovo piano contro il coronavirus, il rientro nell'accordo di Parigi sul clima, il ripristino del programma che protegge i Dreamers. Sono queste le prime azioni che il presidente eletto Joe Biden vuole adottare non appena avrà messo piede all'interno dello Studio Ovale il 20 gennaio. L'ex numero due di Barack Obama, con il quale dopo la vittoria si è congratulato anche l'ex presidente George W. Bush, al telefono, è pronto a firmare un'ondata di ordini esecutivi per invertire il più presto possibile alcune delle politiche di Donald Trump. A partire dalla gestione della pandemia. Nel suo discorso della vittoria Biden ha annunciato che nominerà oggi una task force di scienziati ed esperti come consiglieri della fase di transizione per tradurre in azione il suo piano contro il Covid a partire dall'insediamento alla Casa Bianca. A guidare il gruppo saranno l'ex surgeon general Vivek H. Murthy e David Kessler, ex commissario della Food and Drug Administration. «Il piano sarà fondato sulla scienza e sarà costruito con compassione, empatia e premura», ha detto, assicurando che non risparmierà alcuno sforzo per mettere sotto controllo questa emergenza».

Secondo fonti vicine alla sua campagna, e alle promesse fatte agli elettori nei mesi scorsi, tra le prime mosse da 46esimo presidente Usa Biden ha intenzione di firmare una serie di decreti per rientrare nell'accordo di Parigi, annullare il ritiro di Trump dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, abrogare il «travel ban» da alcuni paesi a maggioranza musulmana. E ripristinare il programma Daca (Deferred Action for Childhood Arrivals), voluto da Obama a protezione degli immigrati entrati illegalmente negli Usa con i genitori quando erano minorenni. Nel corso del discorso della vittoria nella sua Wilmington, invece, ha chiesto di lasciare che questa «cupa era di demonizzazione in America finisca, qui ed ora». E anche per questo appello all'unità ieri ha ricevuto la telefonata di congratulazioni dell'ex presidente George W. Bush. «Ora è il tempo di riconciliarsi» e di guarire le ferite del paese, dal «razzismo sistemico» alla pandemia, ha detto Biden, al fianco la vice Kamala Harris e le rispettive famiglie. «Ho corso come democratico ma sarò il presidente di tutti, un presidente che non cerca di dividere ma di unire - ha ribadito ancora una volta - Non ci sono stati rossi e stati blu, ma gli Stati uniti d'America». E per una volta, ha messo da parte il distanziamento sociale. Ad accoglierlo, pur con la mascherina, c'erano centinaia di persone all'interno delle loro auto, in stile drive-in, ma anche qualche migliaia di fan al Chase Center della città del Delaware, quartier generale della sua campagna.

Ieri, invece, Biden ha mantenuto le sue tradizioni domenicali e si è recato a messa con il nipote. Prima di rientrare a casa, si è fermato nel cimitero per rendere omaggio alle tombe della sua prima moglie Neilia e della loro figlia Naomi, morte in un tragico incidente d'auto, e al figlio Beau, deceduto per un cancro al cervello nel 2015. Un rito compiuto anche martedì scorso, giorno del voto.

Nel frattempo, sembra sia già finita la tregua in campo democratico. Una volta sconfitto il nemico comune stanno tornando a galla le profonde differenze tra l'ala moderata e quella più liberal, che ha tutta l'intenzione di presentare il conto per il fondamentale contributo dato alla vittoria. Se Biden non sceglierà dei progressisti per alcune posizioni di rilievo nella sua amministrazione, l'Asinello rischia di perdere, e di molto, le elezioni di medio termine del 2022, ha già avvertito la deputata di ultra-sinistra Alexandria-Ocasio Cortez.

Una grana non da poco per il presidente eletto, che si trova a dover conciliare queste istanze con la sua idea di governo del dialogo. Governo del dialogo che rischia di rivelarsi essenziale per lui, visto lo spettro di un Senato a guida repubblicana, che potrebbe trasformarlo in un'anatra zoppa.

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