Prima vittoria di Biden sul diritto all'aborto. Stop alla legge in Texas

Sospesa la norma pro-life. E al Congresso c'è l'intesa con i repubblicani sul tetto al debito

Prima vittoria di Biden sul diritto all'aborto. Stop alla legge in Texas

«Alle donne è stato illegittimamente impedito di esercitare il controllo sulla propria vita secondo modalità tutelate dalla Costituzione». Con questa motivazione, un giudice federale sposa la linea dell'amministrazione Biden e ordina di sospendere la legge che limita l'aborto in Texas, considerandola incostituzionale. «Questa corte non autorizzerà un altro giorno di tale offensiva privazione di un diritto così importante», ha spiegato Robert Pitman, giudice texano nominato da Barack Obama nel 2014. Il magistrato è stato chiamato in causa dal Dipartimento di Giustizia, che ha deciso di citare in giudizio il Texas dopo che la Corte Suprema si è rifiutata di bloccare la normativa, la più restrittiva degli Stati Uniti, entrata in vigore il primo settembre. La legge non concede la possibilità di interrompere la gravidanza nemmeno in caso di incesto e stupro ma solamente entro la sesta settimana al massimo, quando molte donne spesso non sono nemmeno consapevoli di essere incinte.

Una prima vittoria per Biden, seppur parziale, perché la sentenza vieterà al Texas di far rispettare la legge ma non chiude il contenzioso legale, anche perché lo Stato ha già annunciato di voler far ricorso. Ma è un 1-0 per il presidente che arriva poche ore prima di un'altra buona notizia per l'amministrazione Biden: è stato raggiunto l'accordo con i repubblicani per l'estensione del tetto del debito fino all'inizio di dicembre. Ma quella sull'aborto è un'altra partita, che riguarda i diritti rivendicati da centinaia di migliaia di donne americane appena pochi giorni fa, durante la prima Women's March dell'era Biden e rispecchia i timori che una Corte Suprema a maggioranza conservatrice, dopo le ultime tre nomine di Donald Trump, possa mettere in discussione il diritto all'aborto sancito dalla sentenza Roe vs Wade del 1973.

Ecco perché Biden, le americane scese in piazza e le associazioni per i diritti umani vogliono che la «Senate Bill 8» sia fermata subito ma anche definitivamente. Non solo perché viola la clausola di supremazia, il principio costituzionale secondo cui la legge federale prevale sulla legge statale. Ma anche perché la norma - Biden ne è convinto - viola la Costituzione.

Firmata dal governatore repubblicano Greg Abbott, la «legge del battito» - heartbeat bill, come la chiamano impropriamente i suoi sostenitori perché entro la sesta settimana di gestazione il battito cardiaco del feto può essere rilevato con gli ultrasuoni (ma il cuore dell'embrione non è ancora sviluppato) - in poco più di due settimane ha già portato al crollo degli aborti in Texas, scesi dell'80%, denuncia l'organizzazione Planned Parenthood. Donne costrette a «emigrare» per abortire, come confermano gli Stati confinanti col Texas, costrette ad abortire per vie clandestine, mettendo a rischio la propria vita, oppure costrette a portare a termine la gravidanza indesiderata. E c'è il timore che le cliniche per gli aborti, a rischio chiusura, non riprendano l'attività per paura che i medici siano citati in giudizio, in attesa di una decisione legale definitiva. La legge incentiva infatti la delazione, garantendo a chi denuncia 10 mila dollari di spese legali in caso di vittoria.

Ma la battaglia è nazionale. «Ed è appena cominciata», dice la Casa Bianca, soddisfatta per la sentenza «che ripristina un diritto costituzionale».

Quest'anno sono state introdotte circa 90 norme che limitano l'accesso all'aborto in vari Stati e il primo dicembre la Corte Suprema si pronuncerà sulla legge del Mississippi, che lo vieta dopo 15 settimane. È il caso più importante dal 1992. E potrebbe mettere in discussione la Roe vs Wade.

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