Un vocabolario che dovrebbe stare in soffitta

Un vocabolario che dovrebbe stare in soffitta

Coloro che amano il soul, il funk e la disco anni '70 oppure la meravigliosa British invasion degli anni '80 hanno ben chiaro lo slang dell'epoca, zeppo non solo di «cioè» e «nella misura in cui», ma anche di «scala mobile», difesa dei salari», «investimenti pubblici» e «politiche sociali». Locuzione, quest'ultima, che nella nostra epoca viene resa meglio con gli spaventevoli concetti di «redistribuzione» e «patrimoniale». Ebbene, ieri mattina a Roma nella kermesse cigiellina intitolata Il lavoro interroga è andata in scena una riproposizione, secondo differenti gradazioni di «rosso», del leitmotiv di cinquanta o di quaranta anni fa.

Non che ci fosse molto da aspettarsi dal cosiddetto «campo largo». La «vittoria per mancanza di elettori» di Enrico Letta e del Pd ai recenti ballottaggi delle amministrative, al di là degli estemporanei e fumosi accenni ai diritti vecchi e nuovi (che si sintetizzano nel cantare Bella ciao a ogni piè sospinto), è fondata su questa sottocultura che dovrebbe essere già morta e sepolta. Sì, perché Ronald Reagan e Margaret Thatcher nei meravigliosi anni '80 ci hanno insegnato che l'individuo viene prima della collettività e che meno lo Stato si impiccia dei nostri affari (e meno mette le mani nelle nostre tasche), meglio stiamo. Ma a loro in Italia nessuno dedica una strada o un parco pubblico perché sono gli spauracchi dell'intellighentija che continua a dominarci.

Basti pensare che anche un simbolo del moderatismo contemporaneo come Carlo Calenda si è sentito in diritto di dire che «la produttività non dipende dal mercato del lavoro ma dalla dimensione delle imprese». Non che sia un falso assoluto: la latitanza di grandi multinazionali tricolori (fatte salve poche eccezioni) è nociva per il sistema Paese. Ma, dinanzi a quella platea di nostalgici dei telefoni a gettoni, delle Trabant e delle tessere annonarie cubane sarebbe stato troppo temerario (benché in qualche misura lo abbia fatto) scagliarsi contro la totale inefficienza del sistema dell'istruzione pubblica e della formazione. Figurarsi! Dinanzi a Speranza e il suo totem della sanità pubblica come bene assoluto.

Che cosa se ne ricava, dunque? Valga l'esempio di Gian Battista Bozzo, liberale vero e colonna economica del Giornale scomparso circa sei anni fa.

Allorquando sentiva proferire taluni vocaboli di matrice marxista-leninista non si adirava con chi li proferiva, ma con chi aveva permesso che quel vocabolario insulso e retrivo continuasse a far parte del dibattito politico.

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