Elly Schlein fa la furbetta su condoni e licenziamenti. Nel 2022, il Pd attaccava il governo Meloni sulla rottamazione quater, salvo poi aderire alla misura, varata dal centrodestra, per spalmare i debiti accumulati dal partito con il Fisco, risparmiando sanzioni e interessi. E ancora. Quando la leader dei democratici Schlein si auto-proclama paladina dei diritti dei lavoratori dimentica però che il tesoriere (scelto da lei) Michele Fina del Pd vara un piano per incentivare l'uscita dal lavoro dei dipendenti in organico al Nazareno. La classica furbata che svela il doppio volto del Pd. «Prendiamo atto che per la sinistra i cittadini bisognosi sono evasori e criminali, mentre in casa Pd si può tranquillamente usare la stessa misura che tanto hanno criticato» ha commentato ieri sera la premier.
A scovare i trucchetti del Pd, per risparmiare sui debiti e liberarsi dei lavoratori, è il giornale Open in un articolo di Franco Bechis. A inchiodare il Pd è la nota che accompagna il bilancio Pd, appena depositato, relativo al 2023. Nel 2022 il centrodestra varò la prima legge di bilancio inserendo una misura, la rottamazione quater. La rateizzazione delle cartelle esattoriali, ripulite però da interessi, sanzioni e mora. Un mini-condono, voluto dall'allora vicepremier Matteo Salvini, che fece risparmiare un bel po' di soldi a famiglie e imprenditori italiani tartassati dal Fisco. Chi si ribellò? La sinistra tutta. Il Pd in particolare. Scesero in campo, con dichiarazioni roboanti, i pezzi grossi: Provenzano, Bonaccini, Serracchiani. Il responsabile Economia del Pd Antonio Misiani tuonava: «Quel condono è uno schiaffo a chi è in regola». Ma chi non si trattenne fu il capogruppo del Pd in commissione Bilancio della Camera, Ubaldo Pagano: «Diciamo basta a qualsiasi forma di condono, basta favorire gli evasori, basta aiutare dei criminali». I democratici erano pronti a incatenarsi a Montecitorio pur di impedire «quel delitto». Ed invece nessun sit-in. Tre mesi dopo, Schlein, arrivata alla guida del Pd al termine della vittoria campagna per le primarie contro Stefano Bonaccini, mette il suo uomo, Michele Fina, a controllare i conti del partito. E cosa fa Fina? La prima mossa è chiedere all'Agenzia delle Entrate di aderire al condono varato da Meloni per spalmare i debiti del partito. «Nulla di cui stupirsi. Siamo abituati ad avere a che fare con gli esponenti di un partito che da sempre predica bene e razzola male, chiede il rispetto di regole che puntualmente viola ed è avvezzo all'uso della doppia morale» - attacca il capogruppo Fdi Tommaso Foti. Nella nota (pubblica) non si cita la rottamazione ma si fa ricorso a una dicitura in burocratese: «Il Partito, nell'anno 2023, ha ricevuto l'accoglimento della domanda presentata per l'adesione alla Definizione agevolata, prevista della Legge n. 197/2022. Conseguentemente, con riferimento ai Debiti verso Istituti di Previdenza, procederà a versare entro il 30/11/2027 le minori somme dovute». E dunque il Pd (che contestava la misura varata dal governo Meloni) è stato tra i primi contribuenti ad aderirvi. Ma quali sono i debiti del principale partito della sinistra? La maggior parte riguarda i contributi non versati agli enti previdenziali. Inps e Inpgi in primis. Su quei debiti Schlein chiede di poter accedere al condono e spalmare le spettanze dovute. Dal bilancio 2023 emerge anche un'altra furbata del Pd: il ricorso agli scivoli per favorire il licenziamento dei dipendenti. Una misura che farebbe uscire fuori di testa il compagno Landini. Al 31 dicembre 2023 erano ancora 110 lavoratori subordinati e 7 collaboratori. Come scrive Open «per il 2024 è stata accantonata in bilancio una cifra quasi doppia (410.
065 euro) per l'incentivazione all'esodo di altri dipendenti». Il partito del lavoro che mette alla porta i lavoratori. Eppure i conti sorridono a Schlein: il due per mille maturato dal partito nell'anno 2023 è stato pari a 8.118.192.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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