Voto anticipato, Napolitano dice no ma in Europa non è un tabù

Dal Regno Unito alla Grecia, passando per la Spagna, sono tanti i Paesi europei ad essere andati al voto anticipato. Persino la Merkel divenne Cancelliere dopo che Schoeder sciolse il Parlamento tedesco prima della scadenza naturale

Voto anticipato, Napolitano dice no ma in Europa non è un tabù

Letta, Napolitano e Prodi uniti contro il voto anticipato descritto come la sciagura di tutti i mali. Il primo ad alzare muri contro il patto sulla legge elettorale che porterebbe dritti alle urne è stato l’ex premier Letta secondo cui: "Le elezioni anticipate per i capricci di uno che vuole tornare a fare il presidente del Consiglio il prima possibile sono qualcosa che non aiuta".

A seguire l’ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rincarato la dose: “In tutti i paesi democratici europei si voti alla scadenza naturale delle legislature". Prodi, infine, si è sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda dichiarando: "Se Napolitano ha detto così certo che sono d'accordo. Senza saperlo abbiamo detto la stessa cosa”.

Ma, sulla base a un breve fact checking, si possono trarre due conclusioni. O l’Europa è piena di Paesi antidemocratici oppure andare al voto anticipato non è segno di scarsa democrazia. Domani, infatti, il Regno Unito tornerà alle urne dopo soli due anni come esito naturale del voto sulla Brexit che ha segnato il destino politico dell’ex premier David Cameron. Il suo successore, Theresa May, in aprile ha infatti fatto approvare lo scioglimento della legislatura per ricandidarsi come primo ministro e ottenere così una maggioranza più solida per portare avanti le trattative sulla Brexit con l’Unione Europea.

Spagna e Grecia amanti del voto anticipato

Prima del Regno Unito i casi più eclatanti sono stati la Spagna e la Grecia. Il Paese iberico si reca a votare anticipatamente dal 2011. In quell’occasione fu l’allora premier socialista Josè Zapatero a portare la Spagna alle urne sei mesi prima. Elezioni che segnarono la sua uscita dalla vita politica e l’inizio dell’era di Mariano Rajoy che, quattro anni più tardi, vide il suo partito tracollare passando dal 44% al 28. I socialisti di Pedro Sanchez si fermano al 22 perché subiscono l’exploit di Podemos che ottiene il 20. Il Parlamento spagnolo è il più frammentato di sempre e torna a votare nel giugno del 2016. Anche in questo caso dalle urne non esce una maggioranza chiara ma, stavolta, dopo mesi di trattative, i popolari trovano l’accordo con i centristi di Ciudadanos e Rajoy, grazie all’astensione dei socialisti, forma il suo secondo esecutivo. Esecutivo che, ora, rischia di cadere nuovamente, dopo che Sanchez, defenestrato dal Psoe in quanto contrario all’accordo con i popolari, è riuscito a farsi rieleggere segretario del partito.

Il caso greco, invece, è un tipico caso di ‘scuola’. La Grecia, dopo essere stata travolta dalla crisi economica, ha vissuto un lungo periodo di instabilità politica e tra il 2012 e il 2015 ha votato cinque volte. Le elezioni parlamentari del maggio 2012, infatti, hanno visto il tracollo dei socialisti del Pasok socialista e dei conservatori di Nuova Democrazia in favore dell’avanzata dell’estrema destra di Alba Dorata ma, soprattutto di Siryza, il partito dell’attuale premier Alexis Tsipras. Il voto di giugno assicura al conservatore Antonis Samaras la poltrona di primo ministro, grazie all’appoggio esterno del Pasok. Nel gennaio 2015 la Grecia torna nuovamente al voto dopo che le forze parlamentari non riescono ad eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Il verdetto delle urne attribuisce il 36% a Siryza, il 28% a Nuova Democrazia e il 6% ad Alba Dorata. Tsipras diventa premier ma, dopo la rottura con la minoranza del suo partito, nel settembre 2015 decide di riportare il Paese alle elezioni.

Lo strano caso dell'Olanda

Esiste, poi, un caso meno noto, quello dell’Olanda che nel decennio 2002-2012 è sempre andata al voto prima della scadenza naturale della legislatura. L’ex premier conservatore, Jan Peter Balkenende, ad appena un anno dalla sua prima vittoria, dovette tornare alle urne perché il successo dell’estrema destra di Pim Fortuyn gli impedì di avere una maggioranza stabile. Il secondo governo di Balkenende durò tre anni ma, col voto del 2006, il premier conservatore ottenne nuovamente la fiducia degli olandesi. Il cambio della guardia avvenne nel 2010, quando l’attuare premier Mark Rutte, vinse per la prima volta le elezioni con un solo seggio di vantaggio sui socialisti e si vide perciò costretto a far rivotare il suo Paese dopo soli due anni. Una scelta dettata dall’avanzata dell’estrema destra di Geert Wilders che, solo fino a quale mese fa, sembrava destinato a prendere il posto di Rutte ma le elezioni del marzo di quest’anno hanno visto vincitore il partito del primo ministro uscente. A distanza di quattro mesi, però, l’Olanda non ha ancora un governo e non è escluso che debba ricorrere di nuovo a elezioni anticipate.

Anche la Merkel fu eletta dopo voto anticipato

Anche la vicina Austria si appresta a votare con un anno d’anticipo il rinnovo del Parlamento il prossimo 15 ottobre dopo che i popolari hanno tolto la fiducia al governo di grande coalizione guidato dal premier socialista Christian Kern. Tornando indietro nel tempo, invece, il Portogallo risolse la crisi economico-politica del 2011 con le elezioni anticipate che portarono alla vittoria del centrodestra di Pedro Passos Coelho. Quest’ultimo, pur arrivando primo alle Politiche del 2015, non è stato riconfermato come premier perché gli altri due partiti di sinistra hanno trovato un accordo per formare il governo.

Chi ha buona memoria, poi, ricorderà che nel 2005 fu l’allora cancelliere Gerhard Schröder a portare la Germania al voto anticipato aprendo così, di fatto, l’era di Angela Merkel. Insomma, in Europa, i casi di elezioni anticipate abbondano e sono anche illustri.

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