Su, per poco più di un'ora, e poi di nuovo giù a capofitto per buona parte della seduta fino ad azzerare i guadagni accumulati nel 2018. A Piazza Affari torna la paura: Borsa in altalena che arriva a cedere il 2,5%, spread in forte rialzo oltre quota 230 punti, titoli bancari a picco. E poco importa se, sul finale, Milano migliora leggermente lasciando sul terreno il 2,08%. Il conto finale, con l'indice principale a quota 21.932 punti, fa male agli investitori: bruciati 12 miliardi di euro in un giorno, 63 miliardi nelle ultime dieci sedute, da quando è iniziata la fibrillazione per la situazione politica italiana.
Eppure, la giornata a Milano sembrava essere iniziata sotto i migliori auspici (con lo spread a 190), e l'allontanarsi di un governo Lega-M5s sembrava aver rassicurato gli investitori. Ma a poco più di un'ora dall'inizio delle contrattazioni il vento è cambiato. Gli operatori sono tornati a sottolineare il rischio di elezioni a brevissimo termine, con un possibile aumento dei voti per le forze euroscettiche.
Una prospettiva che ha fatto fuggire gli investitori. Con lo spread schizzato da 206 a quota 235. Le prime vittime sono state le banche più esposte al rischio Paese, avendo in pancia percentuali elevate di titoli di Stato. Così, in chiusura, le maggiori perdite si sono concentrate su Finecobank (-7,2%), Mps (-7,05%), Banca Generali (-6,7%) e Banco Bpm (-6,5%). Vendute anche Mediobanca (6%), Unicredit (-3,8%) e Intesa Sanpaolo (-3,24%). Un conto che si aggrava ancora di più se si guarda alle ultime dieci sedute: da allora la capitalizzazione di Borsa degli istituti italiani si è ridotta di oltre 23 miliardi. Il titolo più penalizzato, assieme a Banco Bpm (-25,8%), è stato Mps, che ha perso il 24,5%. L'istituto senese ha bruciato circa 900 miliardi di capitalizzazione, di cui 600 in conto al Tesoro. Dietro a Mps pesanti perdite per Ubi Banca (-22%), Mediobanca (-20%), Unicredit (-17%), Bper (-16,4%) e Intesa Sanpaolo (-16%).
Il mercato ha accolto male anche l'impennata dei rendimenti nell'asta del Tesoro che ha venduto Ctz biennali per 1,75 miliardi a un tasso dello 0,35% (dal -0,275% di aprile). Collocati anche Btpei a 10 e 5 anni per 1,25 miliardi all'1,28% (dallo 0,47%) e allo 0,05% (da -0,43%). Una salita dei rendimenti che, di fatto, è potenzialmente positiva per il piccolo risparmiatore, ma non per le casse dello Stato. Facendo un'analogia, basti pensare che il rendimento del titolo decennale è salito al 2,67% (+92 punti). Se si stabilizzasse su questi livelli il costo del debito pubblico aumenterebbe di oltre 2 miliardi di euro l'anno.
Cosa attendersi ora? «Prevarrà la volatilità» dicono gli analisti di Banca Akros spingendosi a dire che «lo spread tornerà sotto pressione sfondando i 250 punti base».
Secondo gli analisti dunque continuerà la burrasca sui finanziari. «Avranno invece un andamento migliore le società esposte al dollaro. E ci potrà essere un rimbalzo dei titoli a partecipazione statale che erano stati penalizzati finora».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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