Whatsapp blinda i messaggi e ora gli amanti sono in salvo

Entra in funzione nella chat il sistema di "crittografia end-to-end". Un esperto ci spiega cosa significa e come abituarci alla novità

Whatsapp blinda i messaggi e ora gli  amanti sono in salvo

Prendete la parola «crittografia» (che, già di suo, è ostica. E pure un po' agnostica). Poi aggiungete l'ambiguo suffisso «end-to-che?» (pardon, «end-to-end»). E il casino è servito. Via whatsapp, ovviamente. Che ci fa sì sentire degli imbecilli, ma imbecilli hi-tech. Vuoi mettere la differenza?

Dovendo spiegare a voi lettori una cosa di cui non abbiamo la minima idea, si è cercata sul web l'illuminante spiegazione dell'esperto Antonio Caffo che in questa materia si muove disinvoltamente come Rosso Siffredi sul set di un film porno. Sperando che il signor Caffo non si offenda (il paragone con Siffredi è solo un complimento), saccheggiamo quanto da lui scritto sul sito del settimanale Panorama. A costringerci a farlo è stato un criptomessaggio (tanto per rimanere in tema di crittografia) inviato ieri a circa un miliardo di utenti (noi compresi) dai signori Jan Koum e Brian Acton che l'«autorevolissima» enciclopedia Whikipedia indica come «fondatori di whatsapp». Sono loro, infatti, ad aver lanciato questa famigerata crittografia end to end. Che tradotto significa, più o meno, «scrittura segreta da punto a punto». Ecco, ora che ci sentiamo tutti un po' l'agente segreto James Tont, passiamo a svelare l'arcano. Partiamo dall'obiettivo della rivoluzione crittografica: proteggere i messaggi di chat. Insomma, se io scrivo a mia moglie: «Mariapina, cala la pasta. Che sto arrivando...», lo dobbiamo sapere solo io e mia moglie. E nessun altro. Neppure le mie figlie Elena e Valeria (che pure mangiano, più o meno abitualmente, insieme con noi). «La crittografia end-to-end è una tecnica che permette la lettura in chiaro di un messaggio solo al mittente e al destinatario - ci illumina il provvidenziale professor Caffo -. Chiunque si intrometta nel percorso seguito dal contenuto (sia esso un testo, una foto o un video) può prelevare l'elemento scambiato ma senza avere la chiave di lettura, ottenendo dunque una serie di codici incomprensibili». «Semplificando la questione (ecco, bravo, semplifichiamo il più possibile ndr), è come se a possedere la chiave di traduzione fossero solo chi invia il messaggio e l'utente che lo riceve». Ma proprio mentre cominciavamo a capirci (si fa per dire) qualcosa, ecco arrivare la mazzata: «Le cose sono ovviamente più complesse, visto che la suddetta chiave è fatta di elementi diversi, conservati sia sul dispositivo in uso che condivisi in tempo reale tramite internet». E qui casca l'asino - anzi, il tecno-ciuccio -, ma guai a dirlo ai cervelloni di whatsapp che, con un post sul proprio blog ufficiale, precisano quanto segue: «L'idea è semplice, quando mandi un messaggio, l'unica persona che può leggerlo è quella (singola o di gruppo) a cui lo hai indirizzato. Nessun altro può intercettarlo, né cybercriminali né hacker o regimi autoritari, nemmeno noi. La crittografia end-to-end ci aiuta a rendere le comunicazioni su whatsapp private, come se si svolgessero faccia a faccia». Tutti gli aspiranti «007» e i fedifraghi del mondo, sentitamente ringraziano; mogli e mariti cornificati, un po' meno.

Intanto la coppia Koum-Acton, della premiata ditta WhatsApp, è raggiante: «Sappiamo che è importante collaborare con le forze di polizia per supportare la sicurezza, almeno quanto lo è rafforzare misure deboli di protezione, riducendo al minimo il rischio che le informazioni personali di tante persone finiscano nelle mani sbagliate».

Il risultato, almeno per il sottoscritto, avrà ricadute di enorme portata esistenziale: nessuno, ad esempio, saprà mai a che ora mia moglie «calerà» la pasta; e neppure se nel piatto troverò spaghetti o bucatini. Comunque sia, buon appetito a tutti. E per le corna, c'è sempre tempo.

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