A tre mesi dall'inizio ufficiale dell'epidemia di Covid-19, Wuhan, la città cinese dove il disastro ha avuto inizio, mostra ancora due volti contraddittorii. Da una parte c'è quello positivo, con l'incoraggiante notizia di un centinaio di volontari che stanno testando un vaccino contro il nuovo coronavirus a pochi giorni dall'annuncio dei primi test di un vaccino americano nella città di Seattle; e dall'altra ci sono ancora i dubbi e le paure sulla veridicità della sbandierata vittoria sull'emergenza sanitaria, con le preoccupazioni crescenti per i casi asintomatici tuttora presenti in città e potenzialmente in grado di riattivare la trasmissione del virus.
Secondo la stampa cinese, le prime iniezioni del preparato anti-Covid-19 sono già state effettuate venerdì scorso. A riceverle, 108 volontari di età compresa tra i 18 e i 60 anni di età, tutti di Wuhan, che saranno seguiti per sei mesi per verificare l'efficacia del vaccino. Rimane però alta la preoccupazione per il ruolo che i pazienti asintomatici, ossia le persone che sono portatrici del virus ma non presentano sintomi evidenti della malattia, possono avere nella sua diffusione. A Wuhan, dove da cinque giorni ormai non si registrano in base ai dati ufficiali nuovi contagi, risultano ancora ogni giorno la fonte della notizia è un funzionario del Centro cinese per la prevenzione e il controllo delle malattie, citato dalla rivista Caixin e ripreso dall'agenzia Bloomberg «alcuni o una decina di persone asintomatiche», motivo per cui «non è possibile determinare se la trasmissione del virus sia stata completamente interrotta» in città. Questi casi sono stati evidenziati da test eseguiti su persone che sono entrate in contatto con ammalati, oppure su personale attivo in luoghi dove è alto il livello di esposizione al coronavirus. Il punto è che i pazienti identificati come positivi asintomatici che secondo il giornale di Hong Kong South China Morning Post sono stati da fine febbraio più di 43mila in tutta la Cina - vengono inviati in quarantena per due settimane, e poi conteggiati nelle statistiche dei contagiati solo se sviluppano sintomi, a differenza di quanto accade in altri Paesi, come ad esempio in Corea del Sud. Insomma, i contagiati in Cina potrebbero essere ben più degli 81mila registrati, e le possibilità di diffusione della malattia ancora presenti in termini difficili da quantificare.
Non è tutto. Secondo il sito di notizie di Hong Kong RTHK, a Wuhan verrebbe ora attuata consapevolmente una politica di diniego dell'accesso ai tamponi per la ricerca del Covid-19 per mantenere basse le statistiche ufficiali dei contagi. In altre parole, per ragioni politiche.
Residenti della città citati da RTHK denunciano la seguente situazione: nonostante la quarantena di massa sia ancora in vigore, con i cittadini obbligati a restare in casa, i diversi ospedali costruiti in fretta e furia per far fronte all'emergenza delle scorse settimane sono stati già chiusi e le autorità sanitarie rifiuterebbero ulteriori test alle persone che sono nuovamente affette da polmonite dopo essere state dimesse come guarite. Così i nuovi malati sarebbero costretti a rimanere in casa, senza ufficialmente risultare tali. Inutile dire che se queste notizie fossero vere, ci sarebbe da preoccuparsi, e non solo in Cina.
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