Incidenti di percorso permettendo, prosegue il cauto riavvicinamento tra Washington e Pechino, deciso da Joe Biden e Xi Jinping nel loro ultimo faccia a faccia al G20 di Bali dello scorso novembre. Dopo la visita delle scorse settimane del segretario di Stato Antony Blinken, giovedì tocca alla segretaria al Tesoro, Janet Yellen, volare nella capitale cinese per tentare di stabilizzare i fragili rapporti tra le due superpotenze. Proprio Yellen, all'interno dell'amministrazione Usa, è tra le fautrici di un approccio pragmatico, almeno a livello economico, con Pechino. Un paio di settimane fa, in occasione di un'audizione alla Camera, ai «falchi» del Congresso Yellen ha detto chiaramente che «sganciare» completamente l'economia Usa da quella cinese avrebbe effetti «disastrosi». Compito della segretaria al Tesoro sarà spiegare ai suoi interlocutori che l'«autarchia» perseguita dalla Casa Bianca in settori strategici come i semiconduttori e le batterie per le auto elettriche e le restrizioni imposte all'accesso cinese alle tecnologie Usa più sensibili (utilizzabili a scopi militari) non vanno interpretati come segnali di guerra. Allo stesso modo, Yellen dovrà giustificare le nuove restrizioni agli investimenti Usa in Cina indirizzati allo sviluppo di tecnologie avanzate. Non che Pechino sia rimasta inerme in questi mesi, rispondendo colpo su colpo alle misure decise a Washington. Ne è un esempio il divieto imposto a maggio alle aziende cinesi che gestiscono informazioni strategiche di acquistare i chip e le unità di memoria prodotti dal gigante Usa Micron Technology. In risposta al blocco Usa delle forniture, inoltre, ieri la Cina ha annunciato una stretta dal primo agosto all'export di due importanti materiali, il gallio e il germanio, usati per produrre semiconduttori, radar e altri componenti elettronici. Eppure, nonostante le continue crisi diplomatiche, la leadership cinese sembra disposta, se non ad accogliere, almeno ad ascoltare l'invito di Yellen ad una «competizione salutare» tra i due Paesi. Un segnale che il gigante asiatico, alle prese con un'economia che ancora risente delle restrizioni imposte durante la pandemia non vuole rimanere isolato, dopo il nuovo patto stretto tra Usa e India e le incertezze sulla solidità della leadership russa, esposte con l'ammutinamento della Wagner. Una conferma dell'attenzione con la quale verrà accolta Yellen è data dalla tempistica con la quale si è proceduto alla nomina di Pan Gongsheng a nuovo segretario comunista e prossimo governatore della Banca Centrale. Gongsheng dal 2016 è stato a capo della politica dei cambi e proprio la debolezza dello yuan, che favorisce le esportazioni cinesi in Usa, sarà uno dei temi sollevati da Yellen. Così come, da parte cinese, verrà sollevata la questione dei dazi imposti all'epoca da Donald Trump ad una serie di prodotti cinesi, per un valore di decine di miliardi di dollari, mantenuti dall'attuale amministrazione.
Altra questione sul tavolo, oltre alle persecuzioni della minoranza musulmana nello Xinjang, sarà quella dei debiti che alcuni Paesi in via di sviluppo a rischio default, come lo Zambia, hanno nei confronti di Pechino. Debiti che la leadership comunista al momento non intende ristrutturare.
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