Al termine della lettura della sentenza Patrick Zaki è stato portato via dall'aula in manette, trascinato attraverso il passaggio nella gabbia degli imputati, tra le grida della fidanzata, degli amici, della madre. Quest'ultima urlava: «Mio Dio me l'hanno preso, mio Dio me l'hanno preso», mentre il giovane veniva portato via attraverso un'uscita secondaria dell'aula del tribunale del Palazzo di Giustizia di Mansura. Dopo oltre un anno di processo e una marea di rinvii, ieri Zaki, studente egiziano all'Università di Bologna, «è stato condannato a tre anni» di carcere per «diffusione di notizie false» per alcuni articoli scritti sui social. La madre ha solo potuto scorgere il figlio passare dietro una fitta grata visibile da una finestra del ballatoio del terzo piano che affaccia su un angusto cortile.
Sotto processo in Egitto dal 2020, dopo essere stato fermato all'aeroporto del Cairo e portato dietro le sbarre del famigerato carcere di Tora, Zaki, impegnato a favore dei diritti umani e sotto accusa per opinioni politiche espresse sui social, è stato poi scarcerato dopo quasi due anni di detenzione preventiva nel dicembre 2021. In carcere è stato sottoposto a torture, anche con scosse elettriche. Ma il 5 luglio di quest'anno si è laureato collegato in videoconferenza con l'Università di Bologna con una tesi su giornalismo, media e impegno pubblico. «Calcolando la custodia cautelare» già scontata, «si tratta di un anno e due mesi» di carcere, ha fatto sapere Hazem Salah, uno degli avvocati. «Chiederemo al governatore militare di annullare la sentenza o di far rifare il processo come è avvenuto nel caso di Ahmed Samir Santawy», ha poi spiegato la legale principale Hoda Nasrallah davanti al palazzo di Giustizia di Mansura dove si è pronunciato il giudice monocratico.
Intanto l'ong Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr) per la quale collaborava Zaki su twitter ha precisato che «Patrick è stato arrestato in tribunale in vista di un suo trasferimento al commissariato di Gamasaa», nel governatorato di Dakahlia, sulla costa del delta del Nilo. Il direttore dell'Eipr, Hossam Bahgat, ha definito il verdetto una «parodia della giustizia» e ha invitato il presidente Abdel Fattah al-Sisi ad annullarlo. «Questo verdetto è una punizione per il suo lavoro e le sue ricerche sui diritti umani in Egitto» ha anche affermato Lobna Darwish, ricercatrice dell'ong. «Patrick è stato condannato a tre anni per aver pubblicato un articolo in cui parlava della sua personale esperienza di cristiano in Egitto - ha sottolineato la ricercatrice -, è una chiara violazione del diritto di Patrick alla libertà di espressione».
La sentenza per Zaki è il «peggiore degli scenari possibili», ha scritto invece su Twitter il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury che ha seguito l'odissea giudiziaria dello studente egiziano sin dall'inizio. «Un verdetto assurdo e scandaloso. Avevamo sempre chiesto di tenere alta l'attenzione anche dopo la fine del periodo di carcere perché in Egitto essere imputato è sinonimo di condannato» ha sottolineato Noury. I legali di Zaki hanno quindi promesso ricorso, ma si tratta di una sentenza inappellabile a causa delle ferree leggi egiziane in materia di terrorismo. La sentenza però segue un iter particolare: dovrà essere sottoposta alla firma del presidente egiziano Al-Sisi che potrebbe decidere per la grazia. Come prospetta il segretario del Comitato per i diritti umani della Camera dei deputati egiziana e componente del Comitato per la grazia presidenziale, Mohamad Abdelaziz.
Non è tardato poi ad arrivare il commento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. «Il nostro impegno per una soluzione positiva del caso di Patrick Zaki non è mai cessato, continua, abbiamo ancora fiducia», ha affermato. Anche il rettore dell'Università di Bologna, Giovanni Molari, ha espresso la sua opinione. «È una terribile notizia che giunge del tutto inattesa, mentre abbiamo ancora negli occhi l'immagine di Patrick neolaureato con lode».
Altri 14 mesi di carcere «sarebbero un'ingiustizia e un dolore immenso. Tutta l'Alma Mater gli è vicina in questi momenti». Il desiderio più grande di Patrick resta sempre quello di poter tornare in Italia per studiare.
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