Le grane legali sono sempre in agguato per un medico. E cosa succede? Le assicurazioni spesso e volentieri negano la copertura. Oppure - escamotage collaudato anche dai grandi gruppi - aumentano a cifre esorbitanti il premio annuo da versare. Come a dire: meglio se lasci perdere, preferisco non accollarmi un peso del genere.
Sono numerosi i casi di medici, per lo più liberi professionisti, che hanno difficoltà a trovare un’assicurazione che li tuteli sul lavoro. Non avere una polizza assicurativa significa non poter entrare in sala operatoria, non poter firmare le cartelle cliniche, non poter toccare il paziente neanche con un dito. La sorpresa rincari è capitata a chirurghi con vent’anni di professione alle spalle e nemmeno un contenzioso con i pazienti né una macchia sul curriculum. E capita ai giovani medici a inizio carriera che, per avere una polizza senza grosse pretese, si sentono chiedere l’equivalente di tre o quattro stipendi, a seconda della specializzazione. «Una follia» protestano. La situazione più a rischio è quella dei cosiddetti «medici frequentatori», dottori in erba che cominciano la gavetta in reparto per fare pratica: si devono pagare l’assicurazione da soli e non solo rischiano la causa da parte dei pazienti o delle loro famiglie ma, in caso di errori, potrebbero essere portati in tribunale dalla stessa azienda ospedaliera. Oltre che bruciarsi la carriera.
La ricerca disperata di un’assicurazione accettabile è una costante in parecchi ospedali, dal policlinico San Donato alla Multimedica. «Il gruppo assicurativo che mi copre da oltre 15 anni - racconta un chirurgo libero professionista - quest’anno inizialmente mi ha negato la polizza. Poi me l’ha proposta a oltre 8mila euro, mentre fino all’anno scorso mi costava 1.300 euro. Un altro gruppo mi ha chiesto 9mila euro. Sono cifre inaccessibili per un medico. Non si pensi che i chirurghi guadagnino chissà che».
Il sindacato dei medici è al corrente del problema e denuncia situazioni al limite del tollerabile. «È vero che le cause dei pazienti sono in aumento - spiega Roberto Carlo Rossi, responsabile lombardo dello Snami - soprattutto in ginecologia, ortopedia, odontoiatria e chirurgia. Quindi è ovvio che i prezzi delle polizze aumentino. Ma i premi non possono lievitare a dismisura. Altrimenti si arriva a mettere in atto il meccanismo perverso della cosiddetta medicina difensiva». In sostanza, si rischia, come già spesso accade, che tanti chirurghi si rifiutino di effettuare interventi complicati per non accollarsi il rischio di cause. E così a farne le spese è anche il paziente, costretto a rimbalzare da un ospedale all’altro pur di trovare un chirurgo e un anestesista disponibili. Altra conseguenza delle assicurazioni negate o con prezzi alle stelle è l’eccessivo zelo. Per evitare sorprese, complicazioni e malintesi con il malato, i medici mettono le mani avanti e prescrivono esami su esami, anche quando sono del tutto inutili. «Meglio una tac in più - sostengono i giovani camici bianchi - che un contenzioso». La «prova del nove» sulle diagnosi tuttavia si traduce in tempi più lunghi per il paziente e in costi più alti per l’ospedale che si trova a coprire le spese non per uno, non per due ma per tre esami.
I costi delle assicurazioni, che secondo alcuni broker sono schizzati a +250%, sono talmente alti che pare che alcune aziende ospedaliere abbiano seriamente preso in considerazione l’ipotesi di non stipulare polizze ma, in caso di sinistri, di rimborsare di tasca propria i singoli pazienti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.