Il Potenza diventa una potenza ma solo con l’autogestione

Davanti al Bar Locatelli, storico covo della tifoseria calcistica locale, sono tutti blu di rabbia, anzi rossoblu. Sono questi infatti i colori sociali del Potenza Sport Club, che negli anni ’60 fu ribattezzato «Potenza-Miracolo» (allora, in serie B, qui venivano mandati a «farsi le ossa» gente come Agroppi e Boninsegna). Com’era possibile? La leggenda narra che l’allora patron del Potenza fosse «intimo» di importanti presidenti di serie A e che Emilio Colombo - a quei tempi al massimo del suo potere politico - avesse in agenda i numeri privati di Gianni Agnelli e Angelo Moratti. Risultato: 5 anni consecutivi in B e, nella stagione ’64-65, quinto posto, a un soffio dalla promozione in A.
Nel Potenza Sport Club di oggi (prima divisione, girone B), quell’antico miracolo sembra essersi trasformato in una singolare maledizione: in presenza dell’allenatore, la squadra finisce ultima in classifica; se invece i giocatori entrano in «autogestione», le cose vanno decisamente meglio. Un po’ come successo giovedì scorso: tecnico esonerato a 24 ore dalla sfida di coppa Italia con la Cavese, solito fai-da-te, e vittoria per 5-1.
Accadde anche l’anno scorso quando, durante le prime 4 giornate di campionato, il Potenza con lo «spogliatoio fai-da-te» inanellò un filotto di vittorie che fecero sognare gli habitué del Bar Locatelli. Il primato in classifica però durò un attimo, poi iniziò a mettere becco il primo allenatore, poi il secondo e via esonerando... Con tanto di spy -story: un mister che allenava contemporaneamente due squadre, smascherato da un collega che spedì a chi di dovere il video con la prova del «doppio lavoro».
La scorsa stagione il Potenza si salvò per il rotto della cuffia, ma farcela anche quest’anno sarà durissima. Il bilancio attuale è sconfortante: 5 punti in 9 gare, presidente dimissionario, sito internet della società «temporaneamente sospeso». Ma soprattutto: due allenatori già esonerati, il primo dei quali in via di riassunzione(Ezio Capuano attende il tesseramento). Ma forse l’errore sta proprio qui: puntare sull’allenatore (nuovo o riciclato, importa poco). E se per rimettersi in carreggiata gli «11 leoni» potentini avessero solo bisogno di un sano ritorno all’«autogestione»?
L’ipotesi, tutt’altro che peregrina, ai tavoli del Bar Locatelli non viene scartata a priori. Tra gli appassionati rossoblu non manca chi di calcio ne capisce e vede di buon occhio una «novità» che non avrebbe precedenti nel mondo del calcio.
Franco Pascarelli, stimato dottore commercialista ed ex calciatore, è possibilista: «In presenza di un capitano carismatico e tecnicamente preparato, l’allenatore potrebbe davvero diventare un optional...». Sulla stessa linea anche il brillante imprenditore edile, Tonino Claps: «Se pagare un allenatore serve a portare in classifica solo 5 punti in 9 giornate, meglio affidare la squadra ai tifosi...»; al partito dell’«autogestione» appartiene pure Gaetano Torchia, splendido quarantenne esperto di new economy: «Abbiamo fatto tanti sacrifici per tornare in Lega Pro, ma per rimanerci è fondamentale puntare su chi ama veramente la squadra e città...».
Dopo la conquista dell’agognata prima divisione (l’ex C1), sul muro del glorioso stadio «Alfredo Viviani» una mano anonima scrisse in dialetto potentino, Chi gn’ l’avia dì... (in italiano, «Chi ce lo doveva dire...»): una frase che stava a dimostrare la gioiosa sorpresa per un ritorno nel calcio professionistico dopo oltre un decennio di «inferno» tra i dilettanti. Oggi quella scritta è stata cancellata.

Al suo posto una parola a caratteri cubitali, tutta in maiuscolo: AUTOGESTIONE. Davanti allo stadio, la piccola Rebecca, il fratello Cristian e mamma Carmela indossano la stessa t-shirt. Sul petto, l’urlo di battaglia: «Sempre forza Potenza!».

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