New York - Niente patriottismo, siamo a Hollywood. Questo è il nuovo messaggio del cinema Usa che sta ideando, per l’anno prossimo, pellicole a bassissimo contenuto nazionalistico. Se il presidente Barak Obama, all’inizio del suo mandato, aveva chiesto scusa per gli errori storici dell’Unione, adesso è il turno di Hollywood a smorzare l’entusiasmo dei suoi protagonisti per la vecchia «America the beautiful». Che secondo Hollywood, non è più un Paese da sogno.
Il kolossal cinematografico dell’estate prossima, a detta di Hollywood, sarà difatti Captain America, tratto dal leggendario fumetto degli anni Quaranta. Ma un Captain American al quale è stato tolto l’entusiasmo patriottico che l’aveva lanciato, settant’anni fa, in versione graphic novel, infilato in una calzamaglia a stelle e strisce per incoraggiare i militari americani della Seconda guerra mondiale.
La casa di produzioni cinematografiche Marvel Studios lo porterà sul grande schermo con un regista e un cast d’eccezione. A Joe Johnston - che aveva diretto la terza puntata di Jurassic park e Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi - è stato affidato l'incredibile budget di 200 milioni di dollari; l’attore ventinovenne Chris Evans - che aveva cominciato la sua carriera accanto a Harrison Ford ne Il fuggitivo - lo interpreterà accanto a Samuel Jackson, Tommy Lee Jones e Stanley Tucci. Vi sarà inoltre un grande volto femminile, mentre le riprese avverranno per la maggior parte in Inghilterra.
Il fumetto di Captain America era stato creato da Joe Simon e Jack Kirby negli anni del Presidente Franlin Roosevelt e aveva venduto 120 milioni di copie in 75 paesi. Come gli altri eroi dei fumetti made in Usa, da Superman a Batman, da Spiderman a Hulk e Captain Marvel, anche Captain America era stato ideato da disegnatori ebrei che credevano nell’American dream.
Come in altre graphic novel, anche in Captain America il protagonista è in realtà l’alter ego di un giovane timido e malaticcio, Steve Rogers, che viene «perfezionato» grazie ad un siero sperimentale col quale il Pentagono lo trasforma in una perfetta macchina da guerra, protetto da un invincibile scudo.
I bookmaker fanno bene a puntare sugli incassi del film, poiché il successo della versione cinematografica del fumetto è scontato: non c’è americano che non sia un fan degli eroi dei cartoon più classici, basti pensare al successo dei vari sequel di Superman e di Batman. Ma Captain America appare sugli schermi in una versione svuotata da qualsiasi riferimento patriottico.
Anche la sua leggendaria divisa a stelle e strisce apparirà solo verso la fine del film. E gli slogan pro America di cui erano farcite tutte le puntate del fumetto? Scomparsi, annientati dai produttori liberal di una Hollywood decisa a creare solo prodotti per un mercato internazionale che non vuole più credere nella supremazia degli Usa.
In un’intervista al quotidiano Los Anglese Times il regista di Captain America ha infatti annunciato che il suo eroe «vuole sì servire il suo Paese, ma non è uno che ama sventolare la bandiera. Stiamo modificando la versione originale del fumetto. Il mio Steve Rogers sarà diverso».
I giornali liberal lo difendono: «Johnston vuole un personaggio che sia più tridimensionale di una bandiera, un film che venda entertainment in tutto il mondo», si legge sul Los Angeles Times, mentre invece i blogger conservatori protestano.
«Johnston è un mercenario, disposto a vendere il cuore di uno dei fumetti più amati per soddisfare il sentimento anti Americano del mercato internazionale», l’ha accusato Lucy Kafonov nella rete televisiva RT.
«Ma non è l’unico e non credo, purtroppo, che a Hollywood si faranno presto altre pellicole come Indipendence day, in cui gli States salvano il mondo dall’invasione degli extraterrestri».
Così il presentatore televisivo Glenn Beck, parlando della versione «politicamente corretta» di Captain America, si è domandato: «Vi ricordate di altri momenti nella nostra storia in cui così tanti americani, compreso il nostro Presidente, avevano tirato calci in faccia al loro Paese? Anche a Superman Hollywood ha tolto di bocca una delle frasi più famose: “Credo nella American way of life”. Dirlo oggi, difendere il nostro Paese, non va più di moda».
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