Non sarà soltanto un caso se nel suo primo Angelus, era il 17 marzo 2013, Papa Francesco dalla sua finestra del palazzo apostolico, al termine della preghiera domenicale, abbia citato il libro Misericordia scritto dal cardinale Walter Kasper, fedelissimo di Jorge Bergoglio e insigne teologo. Forse Francesco aveva già all'epoca un'idea che gli ronzava per la testa: quella di indire, un giorno, un Giubileo straordinario della misericordia, di certo per riflettere ancora una volta su ciò che ha nel perdono di Dio il suo fondamento e per ritrovare quelle basi teologiche apprese nel suo Paese, l'Argentina, e che oggi sono i cardini di questo Anno Santo. E, infatti, il Papa, come il cardinale Kasper nel suo libro, ha fatto sua e ha esplicitato in gesti pratici quella definizione teologica fornita da San Tommaso d'Aquino, ovvero che «misericordia significa avere il cuore nella miseria altrui». È partito proprio da qui Francesco, dalla miseria africana, Bangui (nella Repubblica Centrafricana), luogo simbolico trasformato dal Papa, al termine del suo viaggio pastorale nel continente nero, in capitale mondiale della spiritualità. Con l'apertura di una «misera» porta della misericordia, con oltre una settimana d'anticipo sull'apertura della porta della Basilica di San Pietro, Bergoglio ha voluto rimarcare anche il senso rivoluzionario di questo Giubileo «francescano», basato teologicamente proprio sulla misericordia.
I gesti innovativi sono tanti e le sorprese nel corso dell'Anno Santo non mancheranno («un venerdì di ogni mese farò un gesto diverso», ha annunciato Francesco), ma il Papa ha colto anche l'occasione per sottolineare ancora una volta i temi cruciali del suo magistero, dall'aborto al problema delle carceri, dalla misericordia per i condannati all'attenzione per gli ultimi, gli ammalati, gli anziani, gli scarti delle periferie del mondo. È proprio qui una delle tante innovazioni volute dal Pontefice per questo Giubileo: una moltitudine di porte sante per permettere anche ai più poveri di ottenere il perdono, l'indulgenza giubilare, senza bisogno di viaggiare in pellegrinaggio fino a Roma. Nella bolla d'indizione dell'Anno Santo, intitolata Misericordiae Vultus, Francesco, oltre a invocare il dialogo e l'incontro con ebraismo e Islam, «espellendo ogni forma di violenza e discriminazione», stabilisce infatti che nella domenica successiva all'apertura della Porta Santa di San Pietro (quindi domenica 13 dicembre), «in ogni chiesa particolare, nella cattedrale che è la chiesa madre per tutti i fedeli, oppure nella concattedrale o in una chiesa di speciale significato, si apra per tutto l'Anno Santo una uguale Porta della Misericordia. A scelta dell'Ordinario», spiega il Papa, «essa potrà essere aperta anche nei santuari, mete di tanti pellegrini. Il Giubileo, pertanto, sarà celebrato a Roma così come nelle chiese particolari quale segno visibile della comunione di tutta la Chiesa».
L'attenzione del Papa è rivolta soprattutto, come dimostrano anche i gesti del suo pontificato, agli ultimi che non hanno voce. In questo caso il Pontefice ha voluto applicare il concetto teologico di misericordia anche «a chi sperimenta la limitazione della propria libertà», i carcerati, che quindi non hanno diritto, per motivi giuridici, a raggiungere la Porta Santa di San Pietro: in una lettera del 1° settembre scorso inviata da Francesco a monsignore Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione e «regista» del grande Giubileo, il Pontefice parla chiaramente di «amnistia» dicendo che «l'Anno Santo ha sempre costituito l'opportunità di una grande amnistia, destinata a coinvolgere tante persone che, pur meritevoli di pena, hanno tuttavia preso coscienza dell'ingiustizia compiuta e desiderano sinceramente inserirsi di nuovo nella società portando il loro contributo onesto». Per questo motivo con un ennesimo gesto rivoluzionario rispetto ai predecessori e ai giubilei del passato, Bergoglio ha voluto indicare una via per il perdono, anche senza la necessità di dover uscire dall'istituto di pena. «Nelle cappelle delle carceri» scrive il Papa, «i carcerati potranno ottenere l'indulgenza, e ogni volta che passeranno per la porta della loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre».
Un altro elemento chiave di questo Giubileo, che ha ottenuto reazioni entusiaste in America Latina soprattutto da molti teologi della liberazione, come il brasiliano Leonard Boff, ma allo stesso tempo aspre critiche dagli ambienti più tradizionalisti della Chiesa e dal mondo laicista, riguarda l'aborto e la decisione del Papa di concedere il perdono per le donne o per i medici che hanno indotto l'aborto e poi si sono pentiti. «È una decisione assolutamente coerente con il messaggio di Francesco» ha spiegato Boff aggiungendo: «Tutto ciò significa aprire una porta. E una volta che la porta è aperta, non è più possibile richiuderla».
Nella sua lettera a mons. Rino Fisichella, Bergoglio, ha «giustificato» questa scelta esponendo il suo punto di vista e la sua esperienza personale: «So che quello dell'aborto è un dramma esistenziale e morale, ho incontrato tante donne che portavano nel loro cuore la cicatrice per questa scelta sofferta e dolorosa». Ancora una volta, il perno fondamentale per comprendere la scelta di Papa Francesco è il perdono di Dio che, a dire del Pontefice, «non può essere negato a chiunque è pentito, soprattutto quando con cuore sincero si accosta al sacramento della confessione per ottenere la riconciliazione con il Padre».
La decisione di Bergoglio va di certo controcorrente ed è lui stesso, consapevole delle eventuali critiche, ad affermarlo nella lettera: «Ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario, di concedere a tutti i sacerdoti per l'Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono. I sacerdoti si preparino a questo grande compito».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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