Precari, nella bolgia anche la lista inizia al contrario

Quasi nove ore per assegnare gli incarichi ai professori. Spunta anche la cattedra «fantasma»

Matteo Chiarelli

Tra un colpo di calore e un attacco isterico si è consumato anche quest’anno il rito imbarazzante degli incarichi annuali agli insegnanti. Nel gran giorno, sul circo a tre piste della scuola italiana, suonava a festa la fanfara del precariato di Milano e provincia...
Ore 9 e trenta minuti: si aprono i cancelli. Una mandria di professori inizia a fluire nei sotterranei del provveditorato in attesa del proprio futuro. Grossi stanzoni spogli accolgono migliaia di persone che si accalcano attorno alle stanze dei bottoni. Si apre una delle porte, una signora di mezza età, dalla statura invisibile ai più, prende la parola. Inizia l'appello. Tutti si pigiano per scorgere o ascoltare, ma niente, non si sente niente! Prime proteste della folla. «La voce è quella che è!», borbotta stizzita la donna.
Ore 10 e trenta: la donna intuisce che quello del banditore non è il suo mestiere e passa la mano a una collega. Altre proteste. I candidati letti in ordine di punteggio non sono quelli che dovrebbero essere! Sconcerto generale e timori di rivoluzione. «Pardon, un piccolo errore». La signora leggeva la lista al contrario. Capita...
Ore 12: sono stati attribuiti poco più di 30 incarichi e nelle aule d'attesa i tavoli disponibili sono già trasformati in fasciatoi per il cambio pannolini dei neonati. Alcuni bimbi, ignari degli eventi, giocano a rincorrersi. Proteste per le code al bar o la mancanza di carta igienica in tutte le toilette dell'edificio, prese d'assalto.
Ore 13: una delle prime cattedre assegnate in realtà non esiste. La scuola destinataria esclude di aver richiesto un insegnante. La sala d'attesa è un brulicare di voci impazzite: «È tutto da rifare», «Stanno ritelefonando a tutti i neoincaricati perché rinuncino alle scuole prescelte». Si vocifera qualunque temerarietà, e i più burloni rincarano le dosi.
Ore 15: il miracolo all'italiana è compiuto. Tutto risolto, si continua. Siamo circa a metà dell'opera. Nel frattempo le «mandrie», colpite ora da un caldo insistente, mostrano insofferenza. Alcuni ridono freneticamente, altri si assopiscono, altri maledicono il mestiere scelto. Come ogni anno, i più audaci, cartine geografiche e appunti misteriosi alla mano, sostengono di poter conoscere con matematico anticipo la scuola cui saranno destinati. Naturalmente la sorte li punirà destinandoli, ancora una volta, a luoghi di cui nemmeno sospettavano l'esistenza.
Ore 17: nonostante parecchi se ne siano andati, la bolgia di voci, caldo e stanchezza è sempre più evidente e già s'intuisce come oramai i posti da assegnare scarseggino. Lo sconforto prende il sopravvento sui più fragili: li si può vedere negli angoli, telefonino alla mano, scuotere ritmicamente il capo in segno di snervato disappunto.
Ore 18: l’ultimo posto disponibile. Il prescelto è titubante, la sede assegnata è troppo lontana. Il candidato successivo incrocia le dita. Ma il destino, ovviamente, ha in serbo il suo epilogo pirotecnico. Si prospetta un gran finale.

I volti sono tirati e il silenzio inquietante ma nell'aria s'intuiscono preghiere in rima e barbari scongiuri. La tensione è alle stelle. Ha accettato! È finita! Tutti a casa gli altri insegnanti, almeno cinquanta, che restano senza incarico. Si può sempre sperare che qualcuno si ammali, altrimenti sarà per l'anno prossimo.

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