Presero la maggioranza nel partito, da allora vennero chiamati "bolscevichi"

Il 17 novembre del 193, nell'ambito del Congresso dei socialisti russi, venne eletto il comitato di redazione del giornale di partito. Inaspettatamente vinsero i leninisti, fino ad allora minoranza. E non sapendo ancora come definirli, si decise tout court di usare l'aggettivo «maggioritario» contrapposto a «menscevico» che significava banalmente «minoritario»

Presero la maggioranza nel partito, da allora vennero chiamati "bolscevichi"

Londra, novembre, mese decisamente cruciale per i destini della Russia, del 1917, alla Tottenham Court Road public house si riuniscono i delegati del Partito operaio socialdemocratico russo. Tra i vari argomenti in discussione, anche l'elezione del comitato di redazione che dovrà guidare l'organo dell'organizzazione. Le votazioni del giorno 17 riservano una sorpresa perché prende la maggioranza il gruppo più estremista, nonostante sia minoritario nel resto del partito. Questa divisione crea inevitabilmente due correnti, che all'inizio vengono banalmente definite come «minoritaria» e «maggioritaria». Vale a dire «menscevichi» e «bolscevichi» che, dopo la rivoluzione del 1917, diventò automaticamente sinonimo di comunista.
Il Partito operaio socialdemocratico russo venne fondato nel marzo 1898 a Minsk nel corso di una riunione clandestina nella casa del ferroviere P. V. Rumjancev, pomposamente chiamata «Primo congresso». Passarono cinque anni prima che i delegati potessero dare vita al «Secondo Congresso», iniziato a Buxelles ma poi concluso a Londra. Vi partecipò per la prima volta anche Vladimir Il'ic Ul'janov, un intellettuale poco più che trentenne, destinato a diventare famoso con il soprannome di Lenin. Si presentò con una tesi «Che fare?» che propugnava la conquista violenta del potere dei proletari organizzati in un partito ferreamente controllato da un comitato centrale. Era una posizione minoritaria, rispetto a quella della maggioranza del partito che considerava la Russia troppo arretrata economica e socialmente per un simile balzo in avanti. Pertanto, mentre rimaneva obbiettivo comune l'abbattimento dello zar, la componente maggioritaria ipotizzava un passaggio intermedio di potere insieme alla borghesia.
Il 17 novembre però, all'elezione del comitato di redazione del giornale «Iskra», inaspettatamente vinsero i leninisti, pur se, ripetiamo, minoritari all'interno del partito. A quel punto si erano formalmente create due correnti che avevano bisogno di un nome. Ma al momento non di trovò di meglio che definirle tout cout «maggioranza» e «minoranza» e i loro seguaci «bolscevichi» e «menscevichi». Il partito rimase unito, pur tra mille difficoltà, fino al 1917 quando con la rivoluzione di febbraio fu deposto lo zar Nicola II.

Ma il 7 novembre, 25 ottobre per il calendario giuliano tuttora in vigore in Russia, quando i bolscevichi presero il Palazzo d'Inverno, e con esso il potere, misero fuori legge i vecchi compagni di strada menscevichi. Affidando definitivamente alla storia il termine «bolscevico», che da banale aggettivo «maggioritario» divenne sinomino di comunista e rivoluzionario. Con accezioni negative o positive, a seconda dei punti di vista.

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