IL PRESIDENTE SOGNATORE

Prodi dice che è il primo della classe. Sicuro: è anche alto, biondo, bello, giovane, corre più veloce di Carl Lewis, guida meglio di Schumacher e quando Sircana gli lascia il motorino dà la birra a Valentino Rossi. Poi torna a casa la sera, saluta Claudia Schiffer e, ispirato dall'amore, si mette a scrivere poesia che al confronto Petrarca era un analfabeta. Fila tutto a meraviglia. Peccato però che, alla fine del sogno, suona sempre quella maledetta sveglia.
Al premier però i sogni piacciono. E così va in giro a raccontarli per il mondo, senza vergogna. Ieri, per esempio, è sbarcato a Vienna e ha pensato di inaugurare il suo primo tour internazionale con la già citata frase storica: «Al governo come in Europa sarò il primo della classe». Perfetto, no? Del resto l'importante è crederci. A scuola avevo un compagno di classe così, un po' bulletto: diceva sempre che era il più bravo di tutti. Aveva solo un problema: l'algebra e Cicerone non riuscivano a convincersi del fatto. E i professori, di conseguenza, neppure.
Il primo della classe finora, per la verità, ha esibito una sola vera dote di ogni primo della classe che si rispetti: l'antipatia. Per il resto, tutta roba da finire dietro la lavagna: a due mesi dalle elezioni il governo non ha ancora dato un segno di essere vivo e l'unica materia in cui ha dimostrato una certa dimestichezza è l'aritmetica, ma solo per quel che riguarda le moltiplicazioni (delle poltrone) e le divisioni (nella maggioranza). Promette bene anche nel capitolo sottrazioni, a quanto pare, ma per quelle bisogna aspettare almeno la manovra bis.
Persino il preside Eugenio Scalfari ha messo una nota sul registro di classe (Repubblica): così non va, cari ragazzi. Aumentano le cadreghe (102, ricordiamolo: un record); aumentano i costi per mantenere l'eletta schiera in auto blu; aumentano le liti, dall'Irak alla stanza del buco, dalle staminali all'Afghanistan; aumentano le critiche anche da parte di chi, come sindacati e Confindustria, fino a qualche settimana fa faceva a gara per stendersi sul Tir giallo. Insomma, aumenta tutto, compresi gli attacchi dei giornali amici. L'unica cosa che diminuisce è il consenso. O, in altre parole, i voti in pagella. Il primo della classe, in realtà, finora si è dimostrato a suo agio solo nel week end in Umbria: ma quello era l'intervallo. E il risotto col tartufo, come merenda, è sembrato persino un po' esagerato.
A essere persone serie ci sarebbe solo da tacere e lavorare. A essere bulletti, invece, ci si autopromuove. Poi si va a Parigi, s'incontra Chirac e si interpreta liberamente il suo pensiero: secondo Prodi, infatti, il presidente francese avrebbe detto «l'Italia si ripresenta all'Europa dopo un lungo periodo di assenza». A dir la verità più che un'opinione di Chirac sembra un comizio della Margherita. Anche un po' scadente, per di più. E l'unica assenza certa, in tutto ciò, è quella del buon senso: in questi anni l'Italia ha presieduto l'Ue, ha guidato l'allargamento a Est, ha ottenuto (tanto per fare un esempio) l'Authority alimentare a Parma. E come è stato possibile se era assente? Chi andava a Bruxelles? I fantasmi?
Restiamo alla realtà: i giornali europei hanno accolto Prodi definendolo un'«opera buffa» (Der Spiegel), «poco credibile» (Frankfurter Allgemeine) e «debole» (France Presse).

Lui va in giro portandosi dietro una vittoria elettorale per modo di dire, un governo imprensentabile, l'evidente difficoltà di chi è indeciso a tutto. Eppure ha il coraggio di fare lo sbruffone. Diciamolo: sarà pure il primo della classe, ma forse gli serve subito un'altra lezione.

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