Il prete che vuole fucilare Vespa, Feltri e Giordano

Dev’esserci del vero nella Chiesa, diceva Nietzsche, se è sopravvissuta ai suoi preti. Come dargli torto. Almeno finora, è sopravvissuta perfino a don Franco Scarmoncin, parroco di Mandriola, frazione di Albignasego in provincia di Padova.
Don Scarmoncin è un anti-berlusconiano. Ma per carità. Ci mancherebbe. Non è quello il punto: ciascuno può pensarla come vuole, specie in politica. È che quest’uomo, che ha 68 anni ma smanetta su Internet come un ragazzino, non si capisce per quale ragione faccia il prete, o meglio per quale ragione continui a fare il prete, visti gli argomenti che tratta e i toni che usa. Sul suo bollettino parrocchiale - Comunità Mandriola, sul web all’indirizzo www.mandriola.org - non c’è traccia dell’Onnipotente e della Vergine, di confessioni e comunioni, di processioni e di novene. C’è, al contrario, un’alluvione di politica, sotto forma di invettive, insulti, minacce.
Esageriamo? Prendiamo l’ultimo numero, datato 24 maggio. Il tema del bollettino è «Il debito pubblico». Interessante. Proprio il tema che si aspetta di veder trattato chi si approccia alla Chiesa cercando risposte sul mistero della vita, della morte e dell’esistenza di Dio. Don Scarmoncin comincia dando i numeri del deficit. Poi prosegue dando i numeri e basta. «L’unico che in questi 15 anni ha tentato di mettere riparo al debito pubblico è stato il Governo Prodi, tanto vituperato e mandato a casa, perché troppo statico», scrive. Resa giustizia a Prodi, il don comincia a randellare l’attuale premier: «A volte qualcuno è proprio malato e ha dei problemi personali molto seri... ma non ha il coraggio, la decenza, l’onestà di ammetterlo, come fa chi ci governa. Per novembre il Presidente Berlusconi farà il miracolo di dare a tutti i terremotati una nuova casa. Come possa dire “balle” talmente enormi e trovare ancora gente che gli creda... solo Dio lo sa! E solo Dio sa come fa andare avanti ancora l’Italia, con una situazione economica così incerta e traballante: in mano alla mafia, con una Giustizia che non giudica, con una amministrazione che solo per aprire un contatore del gas ti chiede 10 centimetri di carte...» e via di seguito con un rosario di misteri dolorosi, che arriva fino ai 105 morti a Linate, che sono del 2001 ma che il parroco di Mandriola scarica, tanto per non sbagliare, sulla coscienza dell’attuale governo.
La situazione è talmente disastrosa che don Franco giunge addirittura a «non augurarsi» che «un domani, alle prossime elezioni» possa vincere la sinistra: la quale, poveretta, si troverebbe a gestire «un cumulo di macerie». Meglio continuare a restare nella melma, per poter dare la colpa al centrodestra. Ossessione anti-berlusconiana? Ma no. Il parroco assicura che non è un fatto personale con il premier: «Non me la prendo con il Capo del Governo, lui fa il suo mestiere di imprenditore interessato a difendere le sue proprietà, opportunista venditore di fumo, megalomane psicopatico, barzellettiere e “ballista” come pochi altri... Dovrebbe stare in galera e invece ce lo troviamo Capo del Governo... Non me la prendo con lui. Me la prendo con tutti i tirapiedi, i leccacu... gli omuncoli obbedienti prostrati ai suoi piedi, i professionisti dell’adulazione e del servilismo più abietto, i contorsionisti manipolatori della verità, bieche figure di immoralità pubblica, chiudono gli occhi, zittiscono la propria coscienza, negando l’evidenza e impedendo che si arrivi a sapere...».
E siccome non si dica che don Franco denuncia il peccato ma non i peccatori, ecco i nomi di «tirapiedi e leccacu»: «Me la prendo con una caterva di personaggi meschini e senza onore: Emilio Fede, Bruno Vespa, Bel Pietro (scritto proprio così: «bel» staccato «pietro»: è l’unico complimento, sia pur involontario, riservato ai berluscones, ndr) Mimun, Vittorio Feltri, Gianni Riotta, Mario Giordano, Confalonieri, Paolo Bonaiuti, Bondi, Cicchitto, Gasparri, Renato Schifani...». L’omelia si chiude con il botto: «Tutta questa gente», scrive il pastore alle sue pecorelle, «meriterebbe di essere (passi l’esagerazione) fucilata».
E passi pure l’esagerazione, caro don. La immaginiamo arruolato tra i «cattolici del dialogo» e senz’altro avrà più volte esposto in parrocchia la bandiera arcobaleno della pace: che cosa vuole che sia, una fucilazione di giornalisti. La sua esistenza, e quella di tanti preti come lei, preti che amano autodefinirsi «preti scomodi», è una formidabile prova della natura soprannaturale della Chiesa: la quale, se fosse solo un’istituzione umana, tipo un’azienda, con tanti «manager» come lei avrebbe già chiuso i battenti da un pezzo.

Solo ci chiediamo - nella varietà e nella ricchezza di carismi della Chiesa, dove ciascuno può avere un ruolo - se la sua vocazione sia proprio quella di fare il parroco in una sperduta frazione di campagna. Quando ci risulta che sia ancora scoperto il posto di cappellano ad Annozero.

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