Pensioni minime: da 5 mesi gli aumenti non si vedono

Aumento del 6,4% per gli over 75. L'obiettivo è arrivare a 600 euro come soglia minima, ma l’incremento previsto nella legge di Bilancio non è ancora scattato

Pensioni minime: da 5 mesi gli aumenti non si vedono

L’incremento delle pensioni minime è un tema particolarmente sentito in Italia. La norma, approvata nella legge di Bilancio e con decorrenza a partire da gennaio, non è ancora stata applicata, la motivazione potrebbe essere la presenza di alcune inesattezze sul totale dei pensionati che avrebbero avuto accesso all’aumento. Il ministero del Lavoro si sarebbe attivato per velocizzare il processo.

Le cifre

L’obiettivo della norma è quello di inserire alcune maggiorazioni per arrivare alla cifra simbolica di 600 euro. Nello specifico, per quanto riguarda gli assegni inferiori o uguali al trattamento minimo Inps è previsto un aumento dell’1,5% per il 2023. Per coloro che hanno più di 75 anni la maggiorazione passa dall’1,5% al 6,4%. In termini numerici, gli over 75 che già ricevono l’importo minimo, passerebbero da 563,74 euro a 599,82 euro al mese. Nel 2024, secondo la norma, si ripartirebbe da zero, verrebbe quindi cancellato l’aumento del 2023 con l’applicazione del 2,7% ai pensionati senza distinzioni d’età. Il nuovo incremento si baserebbe sull’importo del trattamento minimo Inps che dev’essere ancora definito. Nel 2025 ci sarebbe un ritorno alle origini poiché tutte le maggiorazioni decadrebbero e quindi gli incrementi, destinati a rientrare, riguardano solo due anni. È importante sottolineare che questo meccanismo è ben distinto da quello di rivalutazione delle pensioni a causa dell’inflazione che per il 2023 il tasso ammonta al 7,3% e per il 2024 sarà circa del 5,5%.

Il perché del ritardo

Il ritardo di oramai cinque mesi non ha ricevuto una giustificazione ufficiale, ma il problema sembrerebbe riguardare alcune superficialità che riguardano la norma. Il testo, infatti, non consentiva di identificare il numero di pensionati, circa due milioni, che avrebbero avuto accesso all’incremento. Inoltre il concetto di “trattamento minimo” non esclude la presenza di assegni con cifre più basse poiché per avere l’aumento non è possibile superare un limite di reddito complessivo.

L’accelerazione

L’Inps ha diffuso a inizio aprile una circolare in cui si spiegano i criteri per l’applicazione della norma. Anche il ministero del Lavoro ha contribuito ad accelerare i processi di definizione delle tempistiche ancora in sospeso.

Gli aumenti dovrebbero quindi pervenire con l’accredito di luglio o eventualmente a giugno se fosse possibile con una particolare accelerazione. I beneficiari riceveranno anche gli arretrati dovuti da gennaio 2023. Complessivamente il costo per le casse dello Stato ammonta a 480 milioni di euro nel 2023 e 379 milioni nel 2024.

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