Processo Suu Kyi, rinviato a lunedì

Saranno esposte lunedì le ragioni dell'accusa nel processo che vede come imputata il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. La donna rischia 5 anni di prigione e l'esclusione dalle elezioni del 2010

Processo Suu Kyi, rinviato a lunedì

Bangkok - E ora parola all'accusa. E'stato aggiornato a lunedì il processo per violazione degli arresti domiciliari della leader dell’opposizione della ex Birmania e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Lo hanno riferito i suoi legali dopo l’udienza di due ore e mezzo di oggi, in cui è stata conclusa l’arringa difensiva. Intanto Aung San Suu Kyi, come riferiscono i suoi legali, è pronta al peggio: agli arresti per motivi politici, si trova nella prigione di massima sicurezza di Insein, a Rangoon. Pochi segnali che lasciano intravedere la possibilità che il regime accolga gli appelli internazionali a liberare la 'signora', come San Suu Kyi è popolarmente conosciuta dai birmani.

La vicenda politica La Nobel per la pace, che ha trascorso 14 degli ultimi 20 anni privata della libertà, è accusata di aver violato le condizioni degli arresti domiciliari, a cui era sottoposta dal 2003, per aver permesso a un cittadino statunitense di pernottare per due notti nella sua abitazione. Se fosse condannata, rischia una pena massima di cinque anni di prigione, il che le impedirebbe di partecipare alle elezioni che il regime birmano vuole celebrare nel 2010, e che per l’opposizione sono solo una farsa. In Birmania, dove una dittatura militare governa con il pugno di ferro dal 1962, non si svolge un processo elettorale democratico dal 1990, quando il partito di San Suu Kyi ottenne una clamorosa vittoria, ma il risultato non fu mai riconosciuto dai generali.

Legali scettici su esito positivo Sventolando la prospettiva di migliori relazioni con gli Usa, Hillary Clinton da Phuket (in Thailandia), dove partecipava al vertice del’Asean, ha detto chiaramente che tutto dipende dalla sorte di Suu Kyi.

Ma gli stessi legali della leader democratica in arresto - che giovedì hanno avuto finalmente il permesso di visitarla per preparare con lei l’arringa finale - sono scettici sull’eventualità che Washington abbia persuaso i militari birmani: "Non credo", ha detto Nyan Win, uno dei legali del team difensivo, "quanto a lei, è preparata al peggio".

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