Vincenzo Pricolo
da Milano
I Ds e il Professore si giocano tutto nelle primarie: per loro la chiusura della festa dellUnità è unoccasione da non perdere. Il pomeriggio di Romano Prodi a Milano finisce con Massimo D'Alema che gli fa firmare la bandiera dei Ds che un gruppo di militanti gli aveva porto insieme a un pennarello chiedendogli «Massimo, chiedi a Romano di metterci lautografo». La relazione del segretario della Quercia, Piero Fassino, si era appena conclusa in un tripudio di urla «Piero, Piero».
E proprio in quel momento un signore baffuto sulla sessantina, vestito con un giubbetto rosso, lasciava il palco e si congedava dai vertici del partito e l'ospite d'onore, che ricambiavano con calore il suo arrivederci. Quel signore è Ugo Sposetti, tesoriere della Quercia, e un paio d'ore prima era stato salutato molto cordialmente e abbracciato ben due volte da Prodi. Dal seguito del Professore qualcuno aveva detto «è lui l'uomo più importante» e l'ex presidente della commissione Ue aveva replicato «per questo lo saluto così». E mentre nel Mazdapalace risuonavano le note concitate di «Il cielo è sempre più blu» di Rino Gaetano, Sposetti si dirigeva già altrove, forse a far quadrare i conti del partito e a monitorare il «preventivo» delle spese che la Quercia deve sostenere per Prodi: il contributo alle primarie dellUnione e quello alla sua campagna elettorale per la consultazione.
Perché in questi giorni sono le primarie, insieme con il rischio di riforma elettorale, a preoccupare i dirigenti ds e Prodi. Nel suo breve intervento introduttivo, il responsabile nazionale delle feste dell'Unità Lino Paganelli ha annunciato che «solo a Milano abbiamo avuto più di centomila richieste di informazioni su come e dove si voterà per le primarie». Il Professore, applaudito ma senza eccessivo entusiasmo, ha esordito parlando della «prova del nove» e ringraziato i ds, in particolare Fassino e D'Alema, «per la raccolta di firme per me che va oltre ogni previsione». Prodi chiarisce che i due temi, primarie e legge elettorale, sono legati. «Il centrodestra, che ha paura di perdere, punta a una legge elettorale che sconvolge la democrazia - scandisce l'ex presidente della commissione Ue -. E le primarie servono a difendere la democrazia». E prima di chiudere ricorda che «lo Stato sociale è la più grande conquista del XX secolo e dobbiamo difenderlo con le primarie e con il nostro governo».
Allo stesso modo, alle primarie sono state dedicate alcune delle parole più «pesanti» delle 34 cartelle lette da Fassino nel suo intervento, interrotto centotrè volte dagli applausi. Quella del segretario ds è stata quasi una relazione congressuale, che ha spaziato dal disastro di New Orleans alle critiche durissime alla maggioranza dalle quali, sono scomparsi gli attacchi ad personam verso Silvio Berlusconi, citato una sola volta en passant («non trasformate la vostra agonia nellagonia del Paese: si vada subito al voto»). Il momento di commozione massima Fassino l'ha vissuto quando ha ricordato l'invettiva di piazza Navona (dove Nanni Moretti disse «con questi dirigenti non vinceremo mai»). «Era il 2002 - dice - e da allora abbiamo sempre vinto». Poi, la questione morale: «Il tempo è stato galantuomo e le polemiche di agosto si sono chiuse». Il nocciolo politico dell'intervento l'ha toccato parlando di legge elettorale, di primarie e di partito unitario. «Useremo ogni mezzo legittimo per bloccare un inganno travestito da riforma». «Dire che tanto vince Prodi - avverte il segretario - rischia di essere un regalo per i nostri avversari, ai quali conviene un candidato dell'Unione con un minore consenso intorno a sé».
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