Professori pasticcioni: efficienti solo a parole

Dopo il caos sulle pensioni minime e la bufala del taglio delle Province, nuovi buchi neri nella manovra. più che tecnico, è un governo teorico

Professori pasticcioni:  efficienti solo a parole

Quella dei professori è una manovra ipotetica. Sulla carta funziona tutto, ma poi ogni giorno c’è un pezzo che svanisce. Puf, la magia non è riuscita. La realtà, purtroppo, ti arriva in faccia piuttosto in fretta. Ti smonta le ipotesi, ti scarnifica le buone intenzioni, non fa tornare i conti e manca sempre qualcosa. Se poi il tempo non c’è, devi fare in fretta e quei diavoli di mercati ci mettono come al solito le corna, allora tutto diventa complicato. Insomma, comincia a venir su un sospetto: neanche questi ci salvano.
Come ripete tutti i giorni Napolitano qui ci giochiamo centocinquant’anni di patria sacra e sudata e chi non si sacrifica è un vetero comunista, un padano o un papalino. Solo che poi un conto è scrivere la ricetta, altro farla digerire al paziente.
Dotti, medici e sapienti si stanno rendendo conto che i «se» ancora non fanno cassa e in più le insidie cominciano a essere tante. La luna di miele con la politica sta per finire, i partiti che sostengono la maggioranza soffrono di mal di pancia, ogni gruppo di interesse pensa prima di tutto al proprio portafoglio e, soprattutto, la manovra vive di speranze.
La carta è liscia, non crea attrito. Ti servono i soldi? Facile. Tassiamo con un altro 1,5 per cento i capitali nascosti all’estero e scudati. Il guaio è capire di chi sono, dove sono, come si fa a metterci le mani sopra e poi se si può fare. È già difficile arrivarci, ma qualcuno comincia a dire che un patto è un patto e se lo Stato non lo rispetta qualche problemino c’è. Per esempio che i «capitalisti scudati» sommergano il governo con una valanga di ricorsi, dai tribunali amministrativi a quelli europei. È la guerra giudiziaria delle scartoffie, magari ingiusta, ma intanto i soldi latitano. E poi sulla carta è facile non commuoversi per chi sente sulla pelle il sale del sacrificio. Poi, però, ti scappa da piangere e allora non te la senti di dire a chi incassa una pensione di neppure mille euro al mese di mettersi l’anima in pace. Così il blocco delle rivalutazioni viene alzato a 1400 euro. La carta non ha cuore, ma per fortuna i professori sì, anche quando fingono di averlo nascosto nella tasca di un loden. Anche loro alla fine stanno lì a fare i conti con i pasticci della realtà. Metti l’Irpef, togli l’Irpef, inventati una addizionale regionale, stana gli evasori, manda in pensione tutti a settant’anni, resta in bilico sull’orlo del baratro, fai il valzer delle province (le cancello subito, non le cancello, aspetto a cancellarle). Tutto bene, ma se qui monsieur Sarkò e frau Merkel non si mettono d’accordo salta l’Euro, l’Europa e pure l’America strizza di paura. Allora ci ritroviamo con sacrifici veri e una salvezza di carta.

Per chi, poi? Per uno Stato grasso e grosso che non ci pensa neppure per sbaglio a dimagrire. Allora, professori, facciamo un’ipotesi. E se per una volta provassimo a snellire lo Stato? Così sulla carta. Magari funziona.

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