Pronto il vaccino anti cocaina «Sperimentiamo anche in Italia»

La scoperta in Inghilterra. L’Osservatorio del Veneto: «Ridurrebbe i costi sociali»

Andrea Acquarone

da Milano

Basta la «puntura» e il «vizio» sparisce. Altro che droghe libere, droghe di Stato o centri di disintossicazione. Kate Moss varie, figli di papà e tanti più o meno illustri «nasi» innamorati della polvere bianca, potrebbero risolvere il problema con un’intramuscolare. Funziona subito e dura dai tre ai sei mesi. Si chiama Ta-Cd: eccolo il rivoluzionario vaccino anticoca, sembra che funzioni e in un futuro abbastanza prossimo lo si potrebbe trovare in farmacia. Cartelli colombiani permettendo...
Il principio è semplice: la molecola base del vaccino impedisce che lo stupefacente raggiunga i recettori del cervello accendendo gli ormoni del piacere. E ora anche l'Italia dovrebbe essere in prima fila nella sperimentazione del vaccino anti-cocaina.
«Gli istituti americani che hanno condotto le prime fasi di sperimentazione, e ormai sono quasi alla fine - spiega Giovanni Serpelloni direttore dell'Osservatorio sulle dipendenze della regione Veneto - affermano che i risultati sono soddisfacenti, anche se la sperimentazione è stata per ora condotta su un campione limitato di soggetti: gruppi che vanno da una dozzina di pazienti a un centinaio al massimo. Ora dovrebbe partire la fase tre di sperimentazione, su un numero più ampio di volontari, sia in Usa che in Europa.
E l’Italia?
«Noi abbiamo avviato uno studio di fattibilità. Se ne parlerà a Verona dal 5 al 6 giugno durante il congresso nel quale verrà presentato il nuovo vaccino. Il nostro Paese dovrebbe partecipare alla sperimentazione previa, naturalmente, l'autorizzazione da parte del ministero della Salute».
Come funziona il Ta-Cd?
«Si tratta di un meccanismo inibitore ideato da una casa farmaceutica inglese, la Xenova poi incorporata dalla Celtic Pharma. Il vaccino si inietta nel muscolo, e produce in poco tempo anticorpi contro la droga. Agiscono sul cervello, su quella particolare zona, il nucleo Acumbens che regola i meccanismi del piacere: dall’appetito al desiderio sessuale. Ebbene questi anticorpi non permettono il passaggio della cocaina attraverso la barriera ematoencefalica».
Cosa accadrebbe a chi, vaccinato, assumesse coca?
«Assolutamente nulla. E sta proprio qui il risultato: il tossicomane pur "sniffando" non avvertirebbe alcuna sensazione di piacere. Per lui sarebbe come non essersi drogato... Si tratta comunque di una terapia da percorrere con serietà e prudenza: il Ta-Cd non è la panacea ma sicuramente un approccio interessante che, se confermato nella sua efficacia, potrà avere sia un valore preventivo che terapeutico».
Significa che il vaccino potrebbe venir usato anche su chi non fa uso di cocaina a livello di prevenzione?
«Gli esperti americani dicono di sì. Una persona vaccinata che provasse a "tirare" non sentirebbe alcun effetto.
Si apre dunque la strada a vaccini anche contro l’eroina o la cannabis?
«Purtroppo non è così semplice. Si tratta di sostanze che una volta nel sangue si modificano. Un po’ come nel caso del virus Hiv, ed è questa trasformazione che rende estremamente difficile la preparazione di un farmaco efficace. La cocaina, invece, rimane stabile una volta entrata in circolazione, quindi è stato possibile ideare un anticorpo per così dire ad hoc».
Quanto durano gli effetti della vaccinazione?
«Stando agli esami finora effettuati in Usa si va dai tre ai sei mesi. In qualche caso anche più. L’immunità varia da individuo a individuo. Per mantenere costante il livelli di anticorpi è comunque necessario risomministrare il vaccino. È ingenuo tuttavia pensare che il vaccino da solo possa bastare, poiché se non viene curato e rimosso il problema psicopatologico di fondo, il paziente potrà sempre cadere in altre, nuove forme di dipendenza».
I costi?
«Da quanto so, almeno a livello di produzione, non sono elevati. Poi si sa, si pagano i brevetti.

Ma la speranza vera è questa: se funziona davvero, trasformare il vaccino in una prevenzione statale. Costerebbe infinitamente meno di quanto oggi spendiamo a livello sociale in prevenzione, cure e lotta alla criminalità».

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