PROVE DI PARALISI

Non è Francesco. È vestito di rosso lo so, ma non è Francesco. Dagli accordi di Lucio Battisti ai disaccordi del centrosinistra: l'esordio della legislatura è una canzone stonata che racconta la fine di una giornata assurda. Titolo: la declinazione dei Marini. Io Marino, tu Marini, essi comunque marinano e, pronti via, bocciano per tre volte il candidato alla presidenza del Senato. Altro che Unione disunita: l'Unione non esiste. La maggioranza neppure. Coesa come una torta sbrisolona, resistente come un panetto di burro al sole, alza bandiera bianca. E in pratica ammette che, messa così, non riuscirebbe a vincere nemmeno un torneo di tresette. Figurarsi le battaglie in Parlamento.
Eppure ostentavano sicurezza: a Palazzo Madama voteremo tutti Franco Marini, ripetevano. Poi hanno votato nell'ordine per: Marino, Mariti, Marini e data di nascita, Marini senza nome, Marini Giulio, Marini Francesco (tre preferenze) e ancora Marini e basta. Risultato? Primo scrutinio: fallito. Secondo scrutinio: annullato. Terzo scrutinio: di nuovo fallito. Figura: da peracottari. Se pensano di gestire così le istituzioni, evviva: si sta sicuri come su una Ferrari lanciata in autostrada quando al posto di guida c'è Stevie Wonder.
La cosa bella è che però loro, con sommo sprezzo del ridicolo, festeggiano lo stesso. Ormai sono diventati dei veri professionisti del brindisi anzitempo: a un certo punto, senza curarsi del dato ufficiale, decidono d'imperio che hanno vinto e via, avanti con pacche sulle spalle e dichiarazioni gongolanti. È successo la notte delle elezioni, è successo di nuovo ieri pomeriggio prima che l'annullamento dello scrutinio ricacciasse in gola grida di vittoria un filo avventate. Che ci volete fare? Dev'essere ormai un'abitudine: in fondo, meglio far baldoria prima del tempo. Dopo, non ce n'è più motivo.
La declinazione dei Marini, in effetti, fa emergere in pieno la debolezza dell'Unione: ormai è solo un fragile accrocchio appoggiato su un barile esplosivo. E dentro il barile si muovono interessi, ricatti, veti incrociati, nuovi falchi e vecchi vizietti che tengono sotto scacco il Prodino senza partito. Povero Professore: tra un po' dovrà chiedere permesso agli alleati minori anche per andare al bagno. E gli risponderanno: sì, ma in cambio ci dai il ministero della Difesa.
Perché è chiaro: Francesca non ha mai chiesto di più, cantava Lucio Battisti. Francesco invece chiede, eccome. Quei nomi sbagliati sulle schede in fondo non sono altro che messaggi in codice, veri e propri pizzini, richieste esplicite di favori con annessa minaccia: caro Romano, dacci quello che chiediamo o ti facciamo secco. Oppure vogliamo davvero credere alla favola dei senatori che hanno problemi di scrittura? Che non sanno mettere insieme le dodici lettere di F-r-a-n-c-o-M-a-r-i-n-i? E che sono? Dislessici? Hanno bisogno di un insegnante di sostegno? Un corso di recupero in ortografia?
La verità è che il centrosinistra non riesce a governare il Senato. Così come non riuscirà a governare il Paese. In effetti: se sono caduti tre volte ieri, con la massima concentrazione e persino Rita Levi Montalcini inchiodata in aula, come potranno gestire l'attività quotidiana? Come potranno far funzionare le commissioni e approvare le leggi quando i senatori a vita saranno lontani e quelli eletti all'esterno torneranno in Oceania o America del Sud? Diciamola tutta: il tentativo di autogestione è fallito.

E si è trasformato in un patetico show dove tra tante declinazioni di Marini, si sente ormai solo la mancanza di Valeria. Spettacolo per spettacolo, in effetti, con Valeria Marini si può almeno fare il Bagaglino. Con Franco e Francesco Marini, al massimo si fanno i bagagli.

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