«Volevo la storia autentica del nostro viaggio per il quarantesimo anniversario della band, non la solita storiella sulla rock band che arranca sino al successo. Ci siamo riusciti». Jon Bon Jovi è soddisfatto del risultato ottenuto con Thank You, Good Night - The Bon Jovi Story, dal 26 aprile su Disney +. La docuserie in quattro puntate, racconta i successi ma anche i momenti duri della band nata nel 1984 in New Jersey. «Più va avanti la storia e più diventa profonda, oscura, pazzesca», avverte.
Alla regia c'è Gotham Chopra, il regista del documentario targato Netflix McGregor Forever. «Gotham mi ha consentito di essere aperto ed onesto con lui», dice. Le quattro puntate ripercorrono i quarant'anni di successo della celebre rock band, documentando il presente e, attraverso video personali inediti, il passato della band che ha regalato al mondo successi come Living on a Prayer, It's my life e Wanted dead or alive.
C'è tutto: dall'infanzia in quel paesone che è il New Jersey (Il padre è di origini italiane, il suo nome infatti è John Francis Bongiovi), alla gestione della vita familiare ed artistica, alle difficoltà dovute ai recenti problemi con le corde vocali. «Sono praticamente nato con una chitarra in mano - dice -. Non avrei potuto davvero far altro».
Bon Jovi è una delle poche rock star che non ha mai subito il fascino della droga. «L'unica cosa che è entrata nel mio naso sono le mie dita», scherza, ma il musicista è stato costretto ad averne a che fare nel suo ruolo di padre, quando, nel bel mezzo di una brutta notte una telefonata gli annunciò l'overdose della figlia Stephanie. «Uno del momenti più brutti della mia vita», ricorda.
Sposato dal 1989 con la fidanzatina del liceo, Dorothea Hurley, Jon Bon Jovi ha quattro figli. Stephanie è la maggiore, 29 anni. Poi sono arrivati Jesse James, 27, Jacob Hurley, 21 e Romeo Jon, 18. Una vita privata molto lontana dagli stereotipi della rockstar. «Nelle mie canzoni non ho mai potuto raccontare delle mie disavventure affettive come fa Taylor Swift - scherza - ma ho sempre raccontato il mio mondo e sono cresciuto con il mio pubblico. Non ho mai preteso di essere quello che non sono».
Bon Jovi mostra un'importante raccolta di audiocassette. «Qui c'è scritto colonna sonora Days of Thunder, il film di Tom Cruise. Sotto ho scritto: NON BUONA». Ride e intanto racconta dei cambiamenti che l'industria della musica ha subito in questi quarant'anni. «Quando abbiamo iniziato non c'erano i computer. Ora ci sono i cellulari e i social media. Quando abbiamo iniziato registravamo sulle cassette, poi sono arrivati i Vhs e i cd, ora c'è lo streaming. È cambiato tutto ma io sono sempre me stesso».
La costanza e la fedeltà fanno parte della sua vita e del suo successo. Fedeltà non solo nel rapporto di coppia ma anche dal punto di vista professionale. «Ho visto passare molti presidenti di varie etichette, ho visto crescere palazzi e compagnie, e poi crollare. La cosa che non è mai cambiata è questa: sto con la stessa etichetta da quarant'anni».
Ci fosse al mondo un extraterrestre che non lo conoscesse, ad ascoltarlo penserebbe di avere a che fare con una persona molto noiosa e ostinatamente chiusa nel passato. Non è così. «Sono aperto al cambiamento e non vedo l'ora di scoprire il prossimo Bob Dylan che sarà in grado di parlare alle nuove generazioni con il loro linguaggio e i loro mezzi».
Nel documentario Jon Bon Jovi affronta anche i recenti problemi con la voce che lo hanno portato, nel 2022, a subire un intervento chirurgico ricostruttivo ad una corda vocale e che ora lo costringono a ore di riabilitazione con tre differenti vocal coach e all'uso di un macchinario laser per la riduzione delle infiammazioni.
«Una corda vocale si era atrofizzata. Ma ho trovato un chirurgo che con una tecnica all'avanguardia me l'ha ricostruita. L'altra sera ho cantato per la prima volta in pubblico dopo l'operazione, è stata una bella sensazione».
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