Al Qaida perde colpi in Irak: catturato il suo uomo-chiave

In Pakistan invece i seguaci di Bin Laden continuano l’offensiva: uccisi 16 militari

Al Qaida perde colpi in Irak: catturato il suo uomo-chiave

Perde uomini e comandanti in Irak, ma guadagna terreno in Pakistan dove i suoi militanti sognano di travolgere il governo del generale Pervez Musharraf.
Al Qaida, la multinazionale del terrore guidata dall’evanescente Osama Bin Laden e dal sempre più influente Ayman al-Zawahiri è ad una svolta. La cattura a Mosul il 4 luglio scorso di Khaled Abdul Fattah al Mashhadani, il più importante ufficiale di collegamento di Al Qaida responsabile del coordinamento tra la struttura locale e la dirigenza all’estero, conferma la crisi irachena. Una crisi ammessa negli interrogatori dallo stesso Al Mashhadani che racconta come il suo gruppo non sia riuscito a radicarsi sul territorio e sia entrato in conflitto con gli altri gruppi della guerriglia. Costretta a far affidamento sul flusso di volontari provenienti dall’estero, Al Qaida Irak ha dovuto persino inventarsi un comandante «virtuale» di origine irachena da affiancare ad Abu Ayab Al Masri, il comandante egiziano succeduto a Zarqawi. Abu Omar al Baghdadi, il leader senza volto di Al Qaida Iraq che legge comunicati su internet è, per ammissione di Al Mashhaddani, soltanto la voce di un attore iracheno usato garantire un accento locale alle parole di Al Masri. Tutte le attività e i comunicati di Al Qaida in Iraq vengono, secondo Al Mashhaddani, concordati durante i collegamenti tenuti con la dirigenza all’estero. «Al Qaida Irak è soltanto un’organizzazione di facciata che maschera l’influenza della dirigenza all’estero e il suo tentativo d’interferire nel conflitto», ha detto il portavoce americano generale Kevin Bergner elencando le confessioni di Mashhaddani.
La guerra aperta dichiarata da Al Qaida e dai gruppi fondamentalisti dopo l’assalto dell’esercito alla Moschea Rossa di Islamabad è, invece, molto più seria. Il generale Pervez Musharraf ha smentito di voler imporre lo stato d’emergenza, limitandosi a promettere agli integralisti «uno scontro frontale». Ma intanto questi hanno messo a segno un altro duro colpo uccidendo in un’imboscata 16 militari. L’ennesimo attacco è avvenuto ad una quarantina di chilometri da Miranshah, il capoluogo del Waziristan dove da sabato si registra un crescendo d’attentati. Venerdì i capi tribali della provincia avevano cancellato gli accordi con il governo firmati lo scorso settembre. Questi prevedevano l’impegno ad impedire, in cambio del ritiro dell’esercito dalla regione, le attività dei talebani e le infiltrazioni di combattenti stranieri legati ad Al Qaida. Stando ad un rapporto d’intelligence presentato alla Casa Bianca, l’accordo firmato da Pervez Musharraf e dai capi tribali avrebbe, in verità, garantito mano libera ad Al Qaida permettendole di pianificare l’offensiva contro il governo di Islamabad, rafforzare la propria organizzazione in Pakistan, garantire la sicurezza dei propri vertici e pianificare attacchi all’estero.
A rendere più traballante la posizione di Musharraf concorrono i dubbi sull’attentato suicida di martedì sera a Islamabad costato la vita a 16 persone. L’attentatore suicida ha preso di mira la folla radunata in attesa di un discorso di Iftikhar Chaudhry, l’ex capo della Suprema Corte costretto alle dimissioni da Musharraf.

Trasformatosi nel principale contestatore del presidente, il giudice Chaudhry è diventato l’uomo simbolo dell’opposizione legata al Pakistan People’s Party, il partito che fa capo all’ex premier Benazir Bhutto. Intervenendo da Londra, la signora Bhutto ha attribuito l’attentato alle trame di «mani nascoste» pronte a garantire a Musharraf le condizioni per imporre lo stato d’emergenza.

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