Ma quale capofamiglia... A Natale i regali più brutti sono destinati al papà

Secondo un sondaggio solo l’1% è pronto a spendere tanti soldi per lui. E la cravatta è sempre in agguato...

Ma quale capofamiglia... A Natale i regali più brutti  sono destinati al papà

Voi mogli, voi figli, voi canaglie che ci avete sempre accusato di fare dello stupido vittimismo, per carpire subdolamente un po’ di importanza e un po’ di compassione. Finalmente il vostro gioco sporco è smascherato, finalmente la verità trionfa: questo è un grande Natale, per noi padri negletti e umiliati. Dall’Inghilterra arriva la conferma scientifica di quello che abbiamo sempre subodorato e inutilmente denunciato: di tutte le figure sociali, quella che nella fulgida ricorrenza riceve i regali più scarsi è proprio lui, il disgraziato, ipocritamente considerato capofamiglia. Lo studio è di un’importante catena commerciale, la «Sainsbury’s»: consultando un campione di 1500 clienti, il risultato è disumano. Soltanto l’1 per cento degli interpellati promette di spendere di più per il papà. Poi noi saremmo i piagnoni che fanno del puerile vittimismo…

Cerchiamo almeno di essere subito chiari: nessuno si azzardi a insinuare che quella è la situazione inglese. Non cercate di stravincere. Lo sapete benissimo che almeno in questo scabroso capitolo la Gran Bretagna è allineata alla realtà europea, Italia compresa. Qui da noi, grazie a un’atavica tradizione che mai nessuno s’è sognato di scardinare, i padri hanno sempre subìto un Natale col braccino, da immediata denuncia al ministero delle Pari opportunità, se ancora esistesse.

Ma alziamo la testa, una volta per tutte. Gridiamo al mondo intero la vergogna di questa ingiustizia domestica. Diciamolo. La statistica inglese mette fine ad anni e anni di soprusi familiari, restituendo verità storica ai fatti e spazzando via tutte le mistificazioni di parte. Voi mogli, voi figli, voi carogne ingrate: è finita, la prossima notte di Natale non riuscirete più a incantarci e a incartarci con le solite chiacchiere. Ma davvero potete pensare che un pigiama, un paio di pantofole, un dopobarba possano esprimere l’affetto e la riconoscenza che vi lega a noialtri? Certo siete bravissimi a chiarire subito che non è tanto il regalo in sé, che basta il pensiero. Dannazione, diteci allora perché mai non può bastare il pensiero se a regalare un grembiule da cucina siamo noi.

Via, spiegate perché. Provate a dirci per quale motivo dal papà debbano arrivare almeno la nuova «500» e il collier di perle, il viaggio a Barcellona e la settimana bianca a Courmayeur. Forza, diteci perché a voi basta il pensiero solo se ha tre zeri in coda.
Poi si sa com’è: noi siamo signori. E allora, anche quando scartiamo il dodicesimo pigiama consecutivo (ci sono pure quelli del compleanno), siamo così umani da liberare la nostra incondizionata tenerezza, quel sentimento inaffondabile che ci induce a pronunciare convinti le frasi più fesse, del tipo «bello, era proprio quello che mi serviva», «complimenti, davvero, è il mio colore preferito», «bravo, avevo proprio bisogno di un pigiama».

Se aveste un minimo di pudore, dovreste sentirvi in colpa, voi mogli, vogli figli, voi infingardi di casa: ci regalate ciarpame come calze e fazzoletti, che andrebbero finanziati durante l’anno dal normale bilancio familiare, e pretendete di spacciarli per specialissime idee natalizie. Vi avvicinate con quegli sguardi falsi, fate quelle carezze melliflue e ci chiamate con quel nomignolo idiota di ultima generazione: papi. Ma quale papi. Per noi, che ancora abbiamo un orgoglio e una dignità, Papi può essere soltanto l’acronimo della Povera Associazione Padri Italiani, categoria senza tutele e senza rispetto, senza ruolo e senza futuro.

Lasciatevelo dire: avremmo mille ragioni per scatenare una rivoluzione epocale, per ribellarci fieramente a questo destino infame. Purtroppo, non è così facile. Anche noi abbiamo le mani legate. Prima di essere padri, eravamo figli.

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