Quando Bonaparte portò alla Scala il grande teatro della rivoluzione

Scriverà Stendhal nella Certosa di Parma che i milanesi erano «un popolo che si annoiava da cento anni» quando il generale Bonaparte fece il suo ingresso in città a capo della sua giovane armata, 1l 15 maggio del 1796. Nella serie dei Trionfi che Andrea Appiani dedica al giovane vincitore, una nuova icona estetica prende il posto di quella aggraziata e settecentesca incarnatasi nell'arciduca Ferdinando, il figlio di Maria Teresa d'Austria, il fratello di Maria Antonietta di Francia, l'Absburgo sconfitto e costretto a lasciare la Lombardia: asciutto, volitivo, febbrile, il Napoleone ritratto da Appiani incarna la modernità. Dopo di lui, Milano non sarà più la stessa.
La Scala di Napoleone. Spettacoli a Milano 1796-1814 (Amici della Scala e Umberto Allemandi&C , 200 pagine, 35 euro) è il titolo del volume curato da Vittoria Crespi Morbio per una collana, Sette dicembre, in cui la storia e la cultura si legano al nome della massima istituzione musicale italiana. Così, dopo Zeffirelli alla Scala, Wagner alla Scala, Caramba. Mago del costune e Femmes fatales all'Opera, adesso è la volta del piccolo-grande corso e della rivoluzione che la sua presenza operò. È allora infatti che la città esce da una sorta di torpore settecentesco proprio di un regime ordinato ma grigio, un po' codino e molto reazionario. L'arrivo dei francesi significa il moltiplicarsi della vita sociale, la passione per le cose belle, una nuova disciplina estetica, una nuova moda che viene d'oltralpe, una vera e propria frenesia per il teatro, la danza, la musica. E' il momento di grandi scenografi come Paolo Landriani, Giovanni Perego, Alessandro Sanquirico, una folla di urbanisti, di architetti e di esperti d'ornato cambia il volto di Milano, la gloria di Napoleone comincia a rispecchiarsi nelle sempre più spettacolari produzioni del Teatro alla Scala.
Riccamente illustrato, pieno di curiosità inedite (una su tutte: la statua di San Napoleone martire, il santo del IV secolo che svetta su una guglia del Duomo, scolpita da Giuseppe de Fabris nel 1811, ha le fattezze di un Napoleone Bonaparte idelizzato...), questo libro racconta in fondo la nascita di una capitale europea. Gli straordinari balli di Viganò, le nuove produzioni di Sanquirico, il mutamento di gusto musicale capitanato da Rossini sbocciano su un terreno, scrive Anna Crespi Morbio, «reso fertile da molteplici esperienze precedenti.

Milano tornerà agli Austriaci, ma non sarà più la stessa di prima. La Scala si appresta a diventare il teatro dove nasceranno Il Turco in Italia, La gazza ladra più tardi Norma, Il pirata e le prime opere di Verdi, da Nabucco in poi, conquistando un primato che non dismetterà più».

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