Quando "Giocare alla Sisal" poteva cambiare la vita

Domenica 5 maggio 1946 la prima schedina del Totocalcio fece vincere oltre 450mila lire a un fortunato impiegato milanese. Presto i premi superarono il milione, i 100 milioni e il miliardo. Poi l'inflazioni di lotterie e la facilità di azzeccare il pronostico con i «sistemi», ha fatto tramontare il mito del «13» i cui premi sono ormai scesi a livelli di tombola paesana

Quando "Giocare alla Sisal" poteva cambiare la vita

A metà pomeriggio di una domenica di tanti anni fa, in un salotto di Milano Emilio Biasotti fece un salto, poi si calmò, guardò con cura i risultati e fece un secondo, e questa volta definitivo, salto. Aveva fatto 12, cioè aveva azzeccato i 12 risultati previsti nella prima schedina del Totocalcio e aveva vinto 463.146 lire. Era il 5 maggio, anche allora una domenica, quando uno stipendio medio si aggirava sulle 10mila lire al mese, capo dello Stato era ancora il re Vittorio Emanuele III, presidente del consiglio Alcide De Gasperi con Palmiro Togliatti ministro di Grazia e Giustizia. Un'altra Italia, un altro secolo.
Il 1945 per il Paese fu l'anno della rinascita. Ad aprile era finita una guerra sanguinosa e distruttiva, durata cinque interminabili anni. Lentamente si ricominciò a lavorare, ricostruire, divertirsi e giocare a calcio. Il campionato, di fatto sospeso nelle precedenti tre stagioni, riprese anche se in versione «spezzatino» con due Leghe: l'Alta Italia, 14 squadre, e la Centro Sud, 11 formazioni. La formula prevedeva che le prime 4 dei rispettivi gironi venissero ammesse a un secondo torneo, a cui parteciparono Torino, Inter, Juventus e Milan per l'Alta Italia, Bari, Napoli, Roma e Pro Livorno per il Centrosud. La stagione, iniziata il 14 ottobre 1945, si concluse il 28 luglio 1946 con la vittoria del «Grande Torino» che iniziò quell'assoluto dominio, altri tre scudetti, interrotto tragicamente dalla tragedia di Superga.
Il campionato è ampiamente iniziato quando Massimo Della Pergola, giornalista sportivo, nato a Trieste nel 1912, fonda con altri amici la Sisal, Sport Italia Società a Responsabilità Limitata. Il primo pronostico del 5 maggio coinvolge solo partite della Lega Alta Italia di A, B e C. Dodici gare in tutto, più due di riserva, 30 lire a colonna. Nei bar vengono distribuite, con molto ottimismo, 5 milioni di schedine. Ne vengono giocate poco più di 34mila. Per sbarazzarsi delle giacenze, la Sisal distribuisce le rimanenze ai barbieri che le impiegano per pulire i rasoi. Usanza proseguita poi per anni. Il primo incasso non arriva a 2 milioni di lire, il montepremi a mezzo milione e va tutto a Emilio Biasetti, impiegato di Milano, l'unico che indovina la colonna vincente. Più che un'altra epoca, un'altra era geologica. Il capo dello Stato è ancora Vittorio Emanuele III che solo qualche giorno dopo, il 9 maggio per la precisione, abdica in favore del figlio Umberto II. Il suo successore passa alla storia come «re di maggio» perché il 2 giugno il referendum sancisce la vittoria della Repubblica e manda in esilio il nuovo monarca. Il Paese in quel momento è retto da governo presieduto da Alcide De Gasperi con ministri democristiani, comunisti, socialisti, repubblicani, liberali e azionisti, tra cui Pietro Nenni e Palmiro Togliatti.
Dopo la prima vincita di oltre 450mila lire, quattro anni di stipendio medio, la schedina conosce subito un successo clamoroso. I primi milionari arrivano già all'ottavo concorso: un disoccupato di Genova e una casalinga di Bologna intascano 1.696.000 lire a testa. Ma il primo a cambiar vita per davvero è Pietro Aleotti, da Treviso che nella primavera del 1947 vince 64 milioni. La «torta» comincia a far gola allo stato che nel 1948 decide brutalmente di «nazionalizzare» la schedina. Della Pergola chiede l'indennizzo e intenta causa allo Stato, al ministero dello Sport, al Coni senza ottenere nulla. Lui rimane proprietario della Sisal, ma ormai gestisce solo altri pronostici minori «inventati» in quegli anni come il Totip, sulle corse dei cavalli. Ma il calcio è andato per sempre. Così nel 1954 molla tutto e torna al giornalismo, caporedattore alla Gazzetta dello Sport di Bruno Roghi.
Nel frattempo il «12» è diventato «13», le colonne da giocare minimo due, il costo unitario 50 lire, il montepremi macina record su record e nel 1953 viene sfondato il tetto dei 100 milioni, mentre per l'altro traguardo, quello del miliardo, bisognerà aspettare il 1977. Negli anni Ottanta e Novanta il Totocalcio distribuisce fino a mille miliardi di lire ogni stagione. L'anno dei record è il 1993: la vincita più alta il 7 novembre, tre schedine da oltre 5 miliardi e mezzo l'una, il montepremi più ricco il 5 dicembre quasi 35 miliardi. Poi inizia il declino. La nascita di sistemi, che rendono sempre più facile azzeccare i pronostici, e l'inflazione di lotterie, alcune con montepremi di decine di milioni, mette infatti in forte crisi il Totocalcio. I montepremi scendono a precipizio, nelle ultime stagioni oscillano stabilmente attorno ai 300mila euro, con vincite di poche decine di migliaia di euro, nonostante i risultati da indovinare nel 2003 passino da 13 a 14.

Il fenomeno agonizza, se non è già morto e sepolto, e manda in soffitta quel «Fare 13» o «Hai vinto al Totocalcio?» che per decenni aveva significato svoltare la vita. Ma che ai giovani d'oggi suonano ormai come frasi del tutto prive di senso.

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