Quando i soldi hanno un colore

Arturo Diaconale

È sempre la solita storia dei due pesi e delle due misure. Il caso della bufera in atto nella galassia bancaria italiana lo insegna. Tutti parlano di Antonio Fazio, una volta difeso dalla sinistra contro i presunti tentativi di destabilizzazione della Banca d'Italia da parte di Giulio Tremonti ed oggi nel mirino della sinistra stessa per le sue conversazioni riservate con Gianpiero Fiorani. E, naturalmente, tutti si stracciano le vesti per la presunta «pirateria finanziaria» dei vari Ricucci, Statuto, Gnutti e compagnia bella. Qualcuno manifesta delle timide perplessità per il fatto che i verbali delle intercettazioni telefoniche dei personaggi in questione vengano pubblicati dal quotidiano di cui Ricucci e i suoi amici immobiliaristi vorrebbero scalare la società. Ed il conflitto d'interessi? Ma il clamore dello sdegno e della condanna della sinistra nei confronti delle inopportune telefonate di Fazio e della moglie mette tutto sotto silenzio.
Eppure qualcosa da dire sulle anomalie del sistema bancario italiano ci sarebbe. E non riguarda i comportamenti censurabili o meno del Governatore o degli immobiliaristi bollati come «pirati» dal Gip milanese Clementina Forleo, nota al grande pubblico per la sua distinzione tra «guerriglia» e «terrorismo».
Riguarda un’anomalia strutturale del sistema bancario. Un’anomalia che minaccia direttamente il corretto funzionamento dell'intera democrazia nazionale.
Di che si tratta? Per scoprirlo basta paragonare la situazione italiana a quella di qualsiasi altro Paese del mondo occidentale. Ed ecco che il fenomeno si manifesta in tutta la sua incredibile evidenza. Quello dell'intreccio profondo, inestricabile e addirittura strutturale tra banche, finanza e politica.
Esiste un Paese al mondo in cui la caratteristica principale di un istituto di credito sia la sua coloritura e la sua collocazione politica? Non risulta che in Europa ci siano esempi del genere. Non in Germania, non in Francia, non in Gran Bretagna. Per non parlare degli Stati Uniti dove non esiste di sicuro una banca repubblicana o una grande compagnia di assicurazione democratica.
In Italia tutto questo esiste. E, anzi, rappresenta addirittura la caratteristica principale del sistema politico-economico del Paese. Grazie all'operazione Unipol su Bnl abbiamo ben due banche d'importanza nazionale, la stessa Banca Nazionale del Lavoro e la Monte dei Paschi di Siena, che possono esibire nel loro stemma il marchio indelebile della sinistra su campo rigorosamente rosso. E non basta. Alle banche che direttamente o indirettamente sono collegate ad una precisa forza politica, che poi è rappresentata dai Ds, si aggiungono le banche che sono guidate da dirigenti dichiaratamente schierati sullo stesso versante.
Nei giorni scorsi l'amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo ha annunciato che alle prossime elezioni voterà per il centrosinistra. E non sarà il solo visto che in favore dell'opposizione voteranno anche i massimi rappresentanti di Banca Intesa, il presidente Giovanni Bazoli da sempre sponsor convinto di Romano Prodi, e l'amministratore delegato Corrado Passera, anche lui da sempre schierato a fianco del Professore e delle forze dell'Unione.
Tutto questo, ovviamente, è la conseguenza della storia particolare del nostro Paese. Ma questa conseguenza costituisce un’anomalia di cui non si può fare a meno di parlare se si vuole esaminare con un minimo di correttezza l'andamento della politica nazionale. La sinistra può contare sul sostegno dichiarato e palese di due grandi banche come la Bnl e la Mps. Inoltre ha dalla sua l'altrettanto dichiarata sintonia culturale e vicinanza politica di una terza grande banca, cioè Banca Intesa.
Oltre, naturalmente, tutto l'indotto che il fenomeno di tre grandi istituti di credito schierati comporta.
Il caso Fazio, secondo la logica dei due pesi e delle due misure, può anche nascondere questa particolarità.


Ma il fenomeno c'è. È gravissimo. E presto o tardi è destinato a scoppiare. Soprattutto se i risparmiatori che non sono di sinistra incominceranno a chiedersi perché mai debbano affidare il proprio denaro ai propri avversari politici.

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