Krusciov in America, un evento storico, primo capo dell'Unione Sovietica a mettere piede sul suolo dell'odiato nemico a Stelle e Strisce. E lui, furbo contadino di Kursk, si dimostrò felice come un bambino: mangiò un hot dog, andò a vedere una partita di football, incontrò i divi di Hollywood ma il 19 settembre mancò il suo vero sogno: visitare Disneyland. «Motivi di sicurezza» gli spiegarono i servizi segreti Usa. Facendolo infuriare come una belva: «Cosa c'è là dentro: una base militare, un'epidemia di colera, un raduno di gangster pronti a farmi la pelle?». Niente da fare, dovette ripartire per Urss senza aver visto Topolino.
Dopo quasi dieci anni di contrapposizione durissima tra le due superpotenze, impegnate in quella che fu definita «Guerra fredda», alla fine degli anni Cinquanta iniziò il disgelo. Stalin era morto nel '53, il suo posto era stato preso da Nikita Sergeevic Krusiov, che in breve si sbarazzò, anche fisicamente, della vecchia guardia, denunciò i crimini dello stalinismo e avvio un riavvicinamento con gli Usa. Il 24 luglio 1959 accolse Richard Nixon, allora vice presidente, in Unione Sovietica per inaugurare l'Esposizione Nazionale Americana a Mosca. I due elogiarono pubblicamente i meriti dei rispettivi sistemi economici in un improvvisato confronto passato alla storia come «dibattito in cucina», perché ebbe luogo principalmente nella cucina di una casa prefabbricata americana realizzata all'interno dell'esposizione. Al termine Nixon pregò il leader comunista di ricambiare la visita. Invito accolto in fretta e furia tanto che il 15 settembre Kruschov, sbarcava con il suo seguito di dignitari a Washington.
Visitò Des Moines, granaio d'America, mangiò hot-dog, si godette in tribuna l'incontro di football americano tra New York e San Francisco. Non mancò mai di dimostrare la sua bonomia e il suo senso dell'umorismo. Durante un pronazo ufficiale, il direttore della Cia Allen Welsh Dulles gli chiese: «Signor presidente, vedete di tanto in tanto alcuni rapporti del mio servizio segreto?». «Credo che noi riceviamo gli stessi rapporti e, probabilmente, dalle stesse persone» gli rispose Nikita. «Potremmo anche riunire i nostri sforzi» aggiunse Dulles. E pronto Nikita: «Certo. Potremmo mettere assieme i dati ricevuti dai servizi segreti e risparmiare denaro. Dovremmo, in tal caso, pagare le persone una sola volta».
Subito dopo l'incontro con il presidente Dwight David «Ike» Eisenhower a Camp David, il 19 settembre si spostò a Los Angeles dove fu ricevuto dal sindaco Norris Poulson che gli porse un glaciale saluto: «Vi diamo il benvenuto a Los Angeles, la Città degli Angeli, la città in cui l'impossibile accade». Krusciov, che teneva in mano il testo di un lungo discorso, ripiego il foglio, lo allungò ad un aiutante, si avvicinò al microfono e pronunciò una sola parola: «Grazie». La freddezza di Poulson venne in seguito stemperata dalla cena offerta dalla Twentieth-Century Fox , durante la quale potè incontrare Frank Sinatra, Bob Hope, David Niven e Marylin Monroe. La diva più tardi ebbe a ricordare l'incontro con parole non proprio lusinghiere: «Era brutto e grasso, pieno di verruche e grugniva: chi vorrebbe essere comunista con un presidente così?».
E proprio durante la cena gli fu comunicato che la tanto attesa visita a Disneyland era sta annullata per «motivi di sicurezza», facendogli finalmente perdere di colpo buon'umore e self control. «Perchè? Nascondete qualche base militare lì? Cosa c'è di così terribile in quel parco che le autorità americane non possono garantire la mia sicurezza? Un'improvvisa epidemia di colera? Tutti i gangsters della California si sono dati appuntamento lì per farmi la pelle? Cosa devo fare per vedere Disneyland? Suicidarmi?».
Niente da fare, i servizi segreti rimasero irremovibili e il 28 settembre, dopo 13 giorni, Nikita risalì sull'area che lo avrebbe riportato a casa ripensando agli hot dog, al football, a Marylin Monroe. Ma soprattutto alla mancata stretta di mano con Topolino, Paperino e gli altri eroi dello zio Walt.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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