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Quando Novaro si innamorò del testo di Mameli

E i russi si affidano alle note dell’Inno del Partito bolscevico di Alexandrov

«Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme», scrive il poeta Alberto Barrili. «In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite (...) e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: - To’ gli disse; te lo manda Goffredo. - Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos’è; gli fan ressa d’attorno. - Una cosa stupenda! - esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio».
Il maestro è Michele Novaro. Fu lui - era il 1847 - a innamorarsi e a commuoversi per i versi di Goffredo Mameli e a buttarsi, quella sera stessa, sul pianoforte di casa per musicarli. Il Canto degli italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli nasce così. E Novaro pare ci abbia messo non solo lo zampino musicale. Si spinse addirittura fino a cambiare il primo verso, trasformandolo da «Evviva l’Italia» nella più famosa prima strofa, Fratelli d’Italia, considerata più incisiva e oggi uno dei tre titoli con cui viene identificato l’inno di casa nostra.
Autore e compositore anonimi, invece, per il God Save the Queen del Regno Unito, il canto patriottico che si trasforma in base al sesso del regnante (e diventa God save the King). Composto nel diciassettesimo secolo, ad arrangiarlo è stato Drury Lane, a capo della banda del Teatro Reale.
Come non poteva esserci di mezzo l’Armata Rossa per L’Inno nazionale della Russia? Il fondatore della banda e del corpo di ballo delle forze armate dell’Urss, Alexander Alexandrov, lo aveva composto come “Inno del Partito bolscevico” ma lo riscrisse nel 1939 su richiesta di Stalin, che nello stesso anno aveva convocato poeti e compositori per avere melodia e parole più patriottiche. Oggi che l’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche è solo un ricordo, la musica di Alexandrov resta, le parole sono state adattate ai nuovi tempi.
Ci sarebbe il tocco da genio di Mozart sulle note di Land der Berge, Land am Strome, l’inno d’Austria, ma la paternità della composizione resta controversa. Molti musicologi in realtà pensano che a produrre quelle note sia stato un discepolo di Mozart, Johann Holzer. In compenso, Paula von Preradovic si aggiudicò diecimila scellini per regalare a quella melodia un testo patriottico nel secondo dopoguerra.
C’è un grande compositore, Joseph Haydn, anche dietro al canto patriottico di Germania, Das Lied der Deutschen, del 1797. Nato come inno dell’imperatore d’Austria Francesco I e usato per un po’ anche dagli austriaci, da quando fu inserito il testo definitivo, nel 1841, è l’inno che accompagna i traguardi sportivi e le onorificenze importanti di Berlino.
Un curioso intreccio di ricicli che si ripete, anche nel caso degli Stati Uniti d’America.

La popolare canzone del compositore britannico John Stafford Smith fu usata per un po’ anche dal Lussemburgo, fino a che non arrivò il testo di un poema di Francis Scott Key, che ha dato vita alla celebre The Star Spangled Banner.

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