Dei risultati elettorali israeliani, si potrebbe dire, a proposito del Labor, che per «un punto Martin perse la cappa». Il punto in meno glielo ha tolto il voto dei soldati, che invece ne hanno dato uno in più a due partiti di destra, il Likud di Netanyahu (che esce dimezzato dalle urne) e il partito dei cosiddetti emigranti russi guidato da Lieberman. Questi impercettibili mutamenti saranno quelli che determineranno la ripartizione del potere tra i membri della futura coalizione che potrebbe essere tanto una coalizione di centrodestra, guidata da Kadima, quanto di centrosinistra, guidata dai laburisti. A deciderlo saranno due fatti: la lotta senza quartiere in corso all’interno del Likud per eliminare il suo leader, Netanyahu, non solo dalla guida del partito, ma dalla vita politica stessa. I suoi avversari lo incolpano di aver imposto, quando era ministro delle Finanze di Sharon, una politica di risanamento economico del Paese che ha dato molti frutti, ma ha colpito più di altri gli elettori poveri, tradizionalmente legati al Likud. Molti poi accollano a Netanyahu la responsabilità di aver guidato - assieme al deputato Landau, largamente trombato - la rivolta contro Sharon: un tradimento che poteva essere avvicinato a un «parricidio» politico.
Il secondo fatto determinante per la composizione della nuova coalizione saranno i palestinesi. Se - come d’altronde è già avvenuto con l’episodio di giovedì notte, quando un kamikaze travestito da ebreo ultraortodosso si è fatto saltare in aria nei pressi di Kedumim, in Cisgiordania, assieme ai quattro occupanti di un’automobile a cui aveva chiesto un passaggio - riprenderà la loro offensiva terrorista, allora sarà più facile per Olmert attirare verso il suo partito (che è un partito di transfughi del vecchio Likud) due formazioni di destra guidate da vecchi colleghi di governo che hanno già abbandonato l’ideologia del Grande Israele. Il leader di Kadima spera che, corteggiando la destra, la sinistra abbassi il prezzo per la sua entrata nella coalizione.
Quello che pare certo è che l’establishment politico ha compreso il chiaro messaggio degli elettori: «Meno ideologia e più giustizia sociale». Nonostante le apparenze non si tratta di una «missione impossibile», basterebbe infatti ridurre di qualche punto percentuale il bilancio delle forze armate per soddisfare buona parte delle richieste delle classi più disagiate. Da qui l’importanza per Kadima di non cedere il portafoglio economico a costo di lasciare ai laburisti quello della Difesa, approfittando del fatto che nella prossima legislatura ci saranno meno ex generali a difenderne gli interessi.
La prossima settimana, con le consultazioni del capo dello Stato coi leader di partito, avrà inizio un lungo processo di mercanteggiamento per far emergere l’uomo a cui verrà affidato il compito di formare il nuovo governo. Tutti tendono a credere che sarà Olmert, il quale, allo scadere del centesimo giorno del ritiro dal governo di Sharon, cesserà di essere premier ad interim per diventare primo ministro a tutti gli effetti.
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