Quando gli Ufo presero a svolazzare nei cieli americani

Il 24 maggio 1947 un pilota civile raccontò di aver incrociato in volo una formazione di "piattini volanti"

Quando gli Ufo presero a svolazzare nei cieli americani

Dischi volanti, non impossibile da avvistare, soprattutto se si ha alzato un poco il gomito. Ma se a denunciare l'avvistamento è un pilota civile serio e affidabile come Kenneth Arnold, allora le cose cambiano. Era il 24 giugno 1947, il suo rapporto diede di fatto inizio alla stagione degli «Ufo», «Unidentified flying object», per i non anglofoni, «Oggetto volante non identificato». Ai primi di luglio la notizia arrivò sui giornali e subito dopo gli avvistamenti si moltiplicarono: ben cinque nella settimana successiva, più uno denunciato «postumo» del 21 giugno. Qualche caso venne smontato come evento meteorologico, se non addirittura falso palese, altri rimasero inspiegati. Dando così vita alla stagione degli extraterrestri in visita sulla Terra.

Nato a Sebeka, nel Minnesota, nel 1915, Arnold (curiosamente omonimo di Jack, uno dei più grandi registi di fantascienza) in gioventù praticò a ottimo livello il nuoto e le immersioni. In seguito ottenne il brevetto di pilota, accumulando ben 9mila ore di volo, metà in operazioni di «ricerca e soccorso». Come quella del 24 giugno che lo vedeva impegnato sul Monte Rainier nello stato di Washington, dove era scomparso un aereo militare. Improvvisamente vide nove oggetti volare in schieramento a una velocità molto elevata lanciando bagliori. Il loro movimento era irregolare «come un piattino lanciato sull'acqua» disse. E da allora il «flying saucers», in italiano «disco volante», divenne sinonimo di astronave extraterrestre. Una volta atterrato, Arnold fece un normale rapporto all'Aeronautica Civile poi, tornando a casa, si fermò in una stazione di servizio dove raccontò la sua storia agli altri clienti, tra cui un giornalista. La vicenda fece ben presto il giro di tutte le principali testate americane facendo esplodere in brevissimo tempo la «ufomania».

Dopo l'avvistamento, Arnold divenne una celebrità, rilasciò interviste, scrisse articoli, venne anche spedito da un editore a Tacoma per investigare su un altro caso, il cosiddetto «incidente di Maury Island». Nel pomeriggio del 21 giugno 1947, il marinaio Harold Dahl, mentre era al largo dell'isola con altro marinaio, il figlio di Dahl e un cane fu circondato da 6 Ufo «a forma di ciambella con un foro al centro» dal diametro di una trentina di metri. Uno di questi, si abbassò fino a 200 metri per perse poi alcuni pezzi di metallo incandescente che, cadendo, uccisero un gabbiano, il cane di Dahl e ferirono suo figlio a un braccio. Successivamente, la formazione avrebbe accelerato sparendo all'orizzonte, verso ovest. Dahl scattò alcune foto, molto sfocate e comunque andate subito smarrite, quindi fece finire la cosa sui giornali, venendo contattato da misteriosi individui (emissari del governo?) che gli avrebbero intimato di tenere la bocca chiusa. Arnold incontrò il marinaio, si fece ripetere il racconto e osservò anche i famosi detriti metallici. Poi a sua volta riferì la storia a due ufficiali dell'aviazione militare che però morirono in un incidente aereo. Tanto bastò agli ufologi per sostenere che il governo stava tentando di mettere il silenziatore alla vicenda. E non bastarono le successive dichiarazioni di Dalh che ammise di essersi inventato tutto.

La psicosi era ormai scoppiata. Il 4 luglio a Seattle intorno alle 17.30 Frank Ryman, marinaio della Guardia costiera statunitense, avvistò un Ufo e lo fotografò. L'analisi della foto rivelò però che si trattava di un pallone sonda. Appena tre ore e mezza dopo il comandante Emil J. Smith e il co-pilota Ralph Stevens ai comandi di un aereo della United Air Lines sulla rotta da Boise a Seattle avvistarono cinque oggetti volanti a forma di disco. Il 7 luglio a Phoenix in Arizona William Rhodes fotografò un oggetto rotondo e tronco nella parte posteriore, con un buco al centro che poteva essere una calotta, volare a circa 700 metri d'altezza a una velocità stimata tra i 600 e i 900 chilometri all'ora. Quello stesso giorno Vernon Baird, ex tenente dell'Aeronautica, in volo con un bimotore P-38 tra Helena e il Parco nazionale di Yellowstone si accorse di essere seguito da un oggetto volante a forma di disco, sormontato da una cupola. Quando l'ufo sorpassò il suo aereo, Baird fece una manovra evasiva e l'oggetto perse quota, si spezzò in due e precipitò a terra. La spedizione inviata alla ricerca dei relitti, tornò però a casa a mani vuote. Infine Il 12 luglio a Tulsa in Oklahoma Enlo Gilmore, un fotografo professionista ed ex ufficiale della marina, avvistò una formazione di 8 oggetti volanti, del diametro di circa 20 metri, la forma simile a un tacco, uno dei quali con un buco al centro. Avrebbero volato a circa 700 metri a una velocità stimata di circa 2.700 chilometri all'ora. Gilmore fotografò gli oggetti e una foto venne pubblicata il giorno seguente sul quotidiano locale di Tulsa. Gli oggetti furono avvistati anche da James Holt, un altro veterano di guerra.

Nel dubbio il governo americano avviò una serie di studi denominati Project Sign, Project Grudge, Project Twinkle e Project Blue Book. A capo si alternarono ufficiali dell'aviazione militare che poterono contare sulla consulenza dei migliori scienziati. Ma nonostante tutte le «migliori intenzioni», ogni approfondimento concluse che nessun oggetto avvistato poteva essere considerato «extraterrestre». I dati di queste ricerche confluirono infine nel «progetto Condon» redatto dall'Università del Colorado. Gli esperti sentenziarono che che gli avvistamenti furono il risultato di: isteria di massa, individui in cerca pubblicità se non addirittura psicopatici, errori di identificazione di oggetti convenzionali. Conclusioni che non convinsero i più accaniti ufologi che anzi accusarono il governo Usa di nascondere le prove degli avvistamenti. Individuando persino una base militare, denominata Area 51, dove sarebbe custoditi pezzi di astronavi e corpi di alieni. E a nulla sono bastate le precisazioni dei comandi militari che ammettono l'esistenza di questa installazione, ma come laboratorio di ricerca per progetti supersegreti.

Per gli scettici dunque gli extraterrestri rimangono patrimonio di gente romantica e un po' svitata, se non veri mitomani.

Per i «fedeli» invece ci sono eccome, vanno e vengono da migliaia di anni e i governi ne negano l'esistenza solo per paura. Ma basta avere pazienza, prima o poi la loro presenza sarà nota a tutti e noi potremmo usare le loro astronavi per ricambiare la visita.

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