Quanto scrivono i politici E nessun editore dice no

Veltroni e Vendola pubblicano in continuazione e con chiunque Sono solo la punta dell’iceberg. Il fenomeno colpisce tutti quanti

Quanto scrivono i politici  
E nessun editore dice no

Se La mafia uccide d’estate, allora Che ci faccio qui? Anticipati da una (stucchevole, come sempre) polemica da ombrellone, esprimono, e giustamente, una certa preoccupazione i titoli dei prossimi libri di Angelino Alfano e Maurizio Lupi, in arrivo rispettivamente a novembre e ottobre. Sarà a suo modo un autunno caldo, quello dei politici scrittori. Anche perché, ai volumi del fresco ex Guardasigilli, oltre che delfino berlusconiano, e del vicepresidente della Camera, si aggiungerà quello di Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il loro peccato originale consiste nell’essere targati Mondadori. Insomma, quelli dell’opposizione avvertono nell’aria un pungente odore di sinergia fra Segrate e governo.

Comunque, vista da sinistra o da destra, questa storia della casta di carta ha una morale decisamente bipartisan, nel senso che mettendo a confronto i due grandi schieramenti RCS e Mondadori, emergono sia la «trasversalità» degli autori, sia la sostanziale parità delle forze in campo. Sotto il tetto RCS troviamo, per esempio, Veltroni, Franceschini, Fini, Sacconi, Carofiglio, Vendola, Brunetta, mentre hanno avuto l’imprimatur da Segrate Tremonti, D’Alema, Bertinotti, Bindi, Enrico Letta e ancora Veltroni.

Andando a curiosare sul sito wuz.it, dotato di un catalogone dei libri usciti grosso modo negli ultimi due decenni presso tutte le case editrici non microscopiche, si scopre che la grafomania è un morbo largamente diffuso in ogni schieramento. Non solo. Si scopre anche che la «fedeltà» alla casa che mette a disposizione carta, inchiostro, distribuzione e promozione, come la «fedeltà» agli elettori, è piuttosto labile.

Limitandoci ai «big» (non chiamiamoli bestselleristi, per carità) e agli ultimi anni, fra i senatori spicca Umberto Veronesi, il quale annovera la bellezza di nove editori: Mondadori, Passigli, Giunti, Sperling&Kupfer, Einaudi, Brioschi, Rizzoli, Bompiani, Cortina. Gianrico Carofiglio è molto distante, e si ferma a quota sei: Emons, Rizzoli, Sellerio, Nottetempo, Laterza, Giuffrè. Inseguono a due incollature Tiziano Treu (Passigli, Laterza, Il Mulino, Giuffrè) e Sergio Zavoli (Città Nuova, Paoline, Mondadori, Garzanti). Mentre Marcello Pera si ferma a tre (Mondadori, Cantagalli, Rubbettino). Pressoché «trombati», quindi, Francesco Rutelli con Marsilio e Dalai e Giulio Andreotti con Rizzoli e Sellerio. Invece Lamberto Dini (Rubbettino), Anna Finocchiaro (Passigli), Maurizio Gasparri (Rubbettino), Carlo Giovanardi (Mondadori), Gaetano Quagliariello (Il Mulino) e Oscar Luigi Scalfaro (Paoline) sono i fanalini di coda del carrozzone di Palazzo Madama.

Passando all’altro ramo del Parlamento, straccia tutti Enrico Letta, con sette «presenze»: Add, Ediesse, Mondadori, Rizzoli, il Mulino, Laterza, Donzelli. Quest’ultima vale doppio o mezzo, dipende dai punti di vista, essendo firmata a quattro mani con Pier Luigi Bersani. Destra (?) e sinistra (?) affiancate a livello sei, con Gianfranco Fini (Rubbettino, BUR, Rizzoli, Fazi, Ponte alle Grazie, Armando - anche qui un doppio o un mezzo, complice il coautore Rocco Buttiglione) e Walter Veltroni (Rizzoli, BUR, Einaudi, Luca Sossella, Dalai, Casini - ovviamente solo un omonimo di Pier Ferdinando). Un gradino più in basso, sia detto senza ironia, a cinque, si ferma Renato Brunetta (Marsilio, Sperling&Kupfer, Mondadori, Donzelli, Ideazione). Sono messi bene anche, occupando quattro caselle, Rosy Bindi (Pazzini, Laterza, La Scuola, Jaca Book), Massimo D’Alema (Solaris, Donzelli, Manni, Mondadori) e Fiamma Nirenstein (Rizzoli, Rubbettino, BUR, Il Mulino). Paola Binetti (Ma. Gi., Mondadori, La Scuola), Antonio Di Pietro (Ponte alle Grazie, Tea, Laterza) e Paolo Guzzanti (Aliberti, Bietti, Dalai) con tre sono appena sopra il «quorum» che separa le grandi firme dai peones.

E i ministri? Diplomatico Franco Frattini (Cacucci, Piemme) e moderata (?) Daniela Santanchè (Marsilio). Infine, fra gli «altri», senza riferimento agli spiccioli da manciate di voti dei soliti partitini vari ed eventuali, Fausto Bertinotti è quello che se la passa meglio, avendo inanellato sette editori (Mondadori, Casini, Ponte alle Grazie, Palomar, Datanews, Aliberti, Fazi). Ma anche Nichi Vendola non scherza a quota quattro (Fandango, Manni, Ponte alle Grazie, Manifestolibri).

Ma niente paura, lasciamo dove meritano di stare, cioè nel buio sgabuzzino della dietrologia e del qualunquismo, i

lamenti sulle corsie preferenziali battute dai politici lungo le autostrade editoriali. E se provassimo a leggerne qualcuno, dei loro libri? Magari senza titar fuori un euro. Anche le biblioteche pubbliche ne sono piene...

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