!["Quarant'anni dopo siamo sempre Wild Boys. Ma un po' più saggi"](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/13/1739420971-azt7b7lv0mzhzbpw15gg-fotogramma.jpeg?_=1739420971)
nostro inviato a Sanremo
Simon Le Bon, ricorda quando debuttò a Sanremo 40 anni fa con il piede ingessato?
«Certo che me lo ricordo, la sera prima ero uscito dall'albergo per fare una passeggiata sulla massicciata del porto».
Poi?
«Sono cascato tra due massi, un male tremendo, si è rotto il piede».
E allora?
«Mi sono detto, più vodka bevo e meno male sento».
Non andò così.
«Il mattino dopo avevo talmente tanto dolore che mi portarono all'ospedale e ne uscii con un tutore al piede e un bastone in mano».
Difficile riconoscere oggi i Duran Duran che arrivarono qui a far conoscere a tutti che volesse dire essere un idolo dei ragazzini. 1985. Non era mai successo prima che un gruppo di ragazzetti inglesi entrasse così prepotentemente non solo nelle classifiche ma proprio nell'immaginario di una generazione. Era il momento dei Wild boys, la canzone che era nella colonna sonora dei paninari ma pure negli sketch di Drive in, insomma erano nella colonna sonora di una generazione. Poi hanno avuto alti e bassi, a dirla tutta più bassi che alti, ma tuttora sono tra i pochi gruppi ancora in giro capaci di riempire grandi palasport (non a caso fanno un tour che passa al Circo Massimo di Roma il 15 e 16 giugno, poi Bari e gli i-Days di Milano il 20 giugno). Di certo non è più l'epoca d'oro di quando a Sanremo sembravano i nuovi messia, ma diciamo che il loro pubblico c'è sempre. E difatti, proprio quarant'anni dopo, loro tornano a celebrare quel periodo suonando stasera al Festival Wild Boys e un medley di loro canzoni celebri.
Che giorni quei giorni.
«Noi eravamo veramente pazzi. Eravamo già diventati famosi ma non così famosi e ci siamo ritrovati a farci inseguire tutto il giorno da uno stuolo di ragazzini in motorino ovunque andassimo. Ricordiamo che il conduttore del Festival quell'anno era Pippo Baudo, c'è ancora?» (un applauso in sala stampa all'Ariston li rassicura - ndr)
Cos'è cambiato da allora?
«In realtà l'atmosfera del festival sembra la stessa, stimolante oggi come allora».
Ma come siete riusciti a rimanere insieme tutti questi anni?
«Il segreto che ci tiene insieme è che amiamo ciò che facciamo e la musica che incidiamo. E poi ci sono altri due motivi fondamentali».
Il primo?
«È che ridiamo sempre tra di noi, specialmente nei momenti bui».
E il secondo?
«Che ci dividiamo i soldi in parti uguali, così nessuno ha da protestare».
Caro Simon Le Bon, ricorda che proprio quarant'anni fa Clizia Gurrado pubblicò il libro Sposerò Simon Le Bon?
«Me lo ricordo bene e ne sono orgoglioso».
In quel periodo si ascoltava più musica inglese che americana.
«In realtà anche adesso tanti sono pazzi di Ed Sheeran o di Adele, che sono inglesi. Io comunque sono pazzo per gli italiani Måneskin... Comunque negli anni Novanta l'arrivo dell'hip hop ha cambiato tutto, il modo di ascoltare, di comporre, persino di ballare».
E poi c'è stata Internet.
«Nessuno ai nostri tempi avrebbe potuto prevedere una rivoluzione del genere. Oggi un ragazzino può avere a disposizione centinaia di migliaia di canzoni. Ma questo è comunque un bel segno di progresso».
Ci sono invece segnali negativi?
«Beh certamente il fatto che ci siano già canzoni interamente create con l'intelligenza artificiale non è un bel segno. In Gran Bretagna ci sono già leggi che consentono alle aziende di grattar via (ha usato proprio questa espressione - ndr) i nostri testi o la nostra musica senza pagare nulla. Non è giusto. Insomma, voi preferite una musica che arriva dalla creatività dell'uomo o che è prodotta da una macchina?».
Siete rimasti un quartetto.
Come sta Andy Taylor?«Andy ha un tumore alla prostata al quarto stadio, è un cancro con metastasi e sta lottando con tutte le proprie forze. Sono sicuro che vorrebbe essere qui, ma tutti noi gli siamo vicini ogni giorno».
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