Quattro stagioni su due punte Preljocaj fa «danzare» Vivaldi

Il coreografo in arrivo agli Arcimboldi: «Questa opera svela ancora segreti»

Valentina Fontana

Corpi che parlano, ragionano, esprimono soprattutto quello che le parole non sempre riescono a dire. Corpi che s’intrecciano con la musica alla ricerca di echi e risonanze espressive, corrispondenze e sintonie nel «colore» emotivo di una composizione. Angelin Preljocaj crea le sue coreografie e spesso incontra le più grandi partiture per dar voce a corpi e movimenti. Nei suoi spettacoli non c’è mai solo danza, ma anche idee forti, temi legati all’esistere, riflessioni o perplessità sul nostro modo di vivere. Così il coreografo albanese di nascita, ma di cultura francese, ricerca nelle straordinarie note delle Quattro stagioni di Antonio Vivaldi l’humus per la sua nuova creazione artistica, Les 4 saisons..., al Teatro degli Arcimboldi, domani dalle 21.
«Cosa può fare il corpo? - si interroga Preljocaj -. All’inizio di ogni nuova creazione mi si ripropone questa domanda che ricorre spesso nell’Etica di Spinoza. Ogni volta il dubbio mi assale, e ancor di più, di fronte alle Quattro stagioni di Vivaldi. Paradosso? Questa musica così conosciuta, così concepita, così sconvolgente, può ancora svelare delle sorprese, delle zone d’ombra, dei segreti? È possibile cancellare la contaminazione che questa musica ha conosciuto, soprattutto negli ultimi decenni, una musica che in fondo è così sensualmente meteorologica?». Come far rivivere con la danza quella musica sensualmente descrittiva delle Quattro stagioni? L’andamento dei singoli episodi della Primavera, il canto degli uccelli, il temporale e la danza finale? O quelli dell’Estate, dove la tempesta protagonista, che si avvicina da lontano nella calura estiva per poi scoppiare in tutta la sua virulenza? O, ancora, i ritmi tumultuosi della caccia, l’ebbrezza provocata dal vino nel suo Autunno, o in quell’Inverno dove l’orchestra suona sempre in sordina come a non voler disturbare i fedeli raccolti in preghiera? Come? «Innanzitutto - risponde - ritornando più volte sulla composizione del movimento; non mollare su questo punto in modo da riorganizzare una danza vitale, essenziale, per poi riflettere sulle quattro assi di lavoro: esplosione, esaltazione, sospensione, vibrazione. Partire da qui e poi, soprattutto, finire da tutt’altra parte, perdersi, non riconoscere più i quattro parametri».
Così Preljocaj fa rivivere la celebre partitura di Vivaldi, grazie alle musiche interpretate da Giuliano Carmignola e ai dodici danzatori in scena, il grande coreografo e direttore artistico del Ballet Preljocaj trasmette ancora una volta il pensiero che sta dietro il suo lavoro. Come a dire, «in un momento in cui il mondo vive con apprensione i problemi del clima e della violazione dell’ambiente, in un periodo di scatenamenti atmosferici e di rovinose tempeste, la rilettura di questo grande classico si rivela più che mai attuale».
E proprio queste costanti attenzioni e curiosità rivolte all’attualità, unite a una danza molto fisica, dinamica, innovativa, rendono Preljocaj una delle figure di spicco della coreografia contemporanea, uno dei grandi sopravvissuti alla nuova danza degli anni Ottanta dopo i classici Neumeier, Kylian e Forsythe. Per Les 4 saisons Preljocaj ha voluto anche una «caosgrafia», particolare scenografia realizzata dall’artista francese Fabrice Hyber. «Per partecipare all’intrico di piste e all’emissione di interferenze - continua il coreografo - ho pensato a Hyber la cui attività seguo da molti anni con attrazione, divertimento, interesse profondo, anche perché mi è sembrato che fosse l’artista meno evidente e quindi il più necessario». «Angelin mi ha parlato delle Quattro Stagioni - chiosa Hyber -.

Ho pensato fossi inatteso come un temporale, la pioggia, il colpo di sole, il vento. Una composizione sulla sua. La costruzione di un tempo che l’uno o l'altro crea o subisce... Una meteorologia su misura: una caosgrafia».

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