Che caspita si porta dietro tutto il giorno di tanto prezioso Jonathan Franzen? Perché lo stracelebrato autore de Le correzioni s'aggira con un sorrisetto enigmatico per le stradine più defilate di Capri, tenendo stretto in grembo un orrido borsello con entrambe le mani? Il quesito, che può sembrarvi banale, assume una sua certa rilevanza se vi trovate a sorseggiare un aperitivo di fronte allo spettacolo dei faraglioni. D'altra parte fa troppo caldo per porsi interrogativi più ambiziosi e questo è il massimo dello sforzo mentale che il cervello vi consente. Oltretutto sembra una domanda retorica. Che cosa avrà mai quello scrittore americano occhialuto e un po' secchione se non il suo pc e qualche stesura inedita da cui non riesce a separarsi? Sbagliato. Franzen porta a spasso i suoi cannocchiali. Franzen, in vacanza, adora il bird watching: osserva gli uccelli. Franzen non si separa dagli strumenti del suo hobby. E non osate insinuare che quegli aggeggi gli servono in realtà per spiare qualche famiglia italiana: non ha intenzione di scrivere una saga familiare caprese. Almeno non ancora. Ma, insomma, cosa fa questo turista d'eccezione sull'isola? Prima di tutto, vi dirò, non è solo. Guardate più attentamente.
Durerà solo fino al 2 luglio. Ma fino ad allora, a Capri, potete imbattervi in un gruppo di scrittori, tutti di lingua inglese: oltre a Franzen, ci sono Zadie Smith reduce dal festival romano di Massenzio dove ha presentato il suo ultimo romanzo Della bellezza, Nathan Englander, alla prese con la stesura finale del suo primo romanzo dopo il successo ottenuto con un libro di racconti, Jeffrey Eugenides che è qui con la famiglia proprio mentre sugli schermi italiani arriva il film di Sophia Coppola tratto dal suo primo romanzo Le vergini suicide, David Foster Wallace con la sua splendida compagna, la sua aria molto «west coast» e qualche copia della sua ultima creatura Considera l'aragosta.
Sono loro i protagonisti di quella sorta di cenacolo letterario che è la prima edizione di Le Conversazioni - scrittori a confronto. Per avere qualche chance di incontrarli dovete camminare fuori dalla calca della mondanissima piazzetta, per la passeggiata che porta ai faraglioni. Se verso le sette di sera arrivate fino in fondo, dove il viottolo s'allarga di fronte ad uno spettacolo mozzafiato, sotto la villa abbarbicata alle rocce e disegnata da Le Corbusier negli anni Venti, lì, dove il rumore dei turisti non arriva e dominate dall'alto il golfo, troverete un po' di sedie bianche e sentirete parlare inglese come all'epoca della seconda guerra mondiale. Quando quel posto incantato divenne sede del comando americano e ospitò Churchill, che era primo ministro, e il generale Eisenhower, che non era ancora presidente.
Niente a che vedere con i caotici festival letterari cittadini. Qui si ha la sensazione di prendere un aperitivo tra amici. E anche loro, gli scrittori, non hanno affatto quellaria tra il malinconico e il compunto che assumono quando gli editori li sballottano in giro a promuovere un nuovo libro. Sembra che siano qui soprattutto per godersi una settimana di relax. Tra mare, piscina, chiacchiere e persino i mondiali in tv. Perché come recita un proverbio americano, quando sei a Roma, fai come i romani. E perciò tutta la banda, capitanata dalla tifosa più sfegatata, Zadie Smith, si riunisce insieme agli italiani e non si perde neanche una partita.
Basta qualche domanda e ti accorgi che la sensazione non è solo una sensazione. Non è «come se fossero amici», loro, «sono» amici. O qualcosa del genere. In patria s'incontrano, discutono, si leggono, si spalleggiano. Questo pezzo della più attuale America letteraria è stato trasportato a Capri. In gita. Ed è felice di incontrare, ad ogni passo, un pezzo di storia. Entusiasta di essere ospitato per una cena del tutto particolare nella storica Casa Malaparte dagli eredi di Curzio e fare foto a tutto spiano come Franzen in versione turista giapponese. O di rimanere relegato in albergo come il giovane Englander che avrebbe dovuto finire il suo romanzo prima di partire, ma che preferisce evidentemente risciacquarlo nell'acque capresi. O di poltrire beatamente in piscina snobbando le scomode rocce capresi come la Smith. O di rinviare un'intervista alla mattina dopo perché, ma-stiamo-scherzando-c'è-la-partita, come Eugenides. O di legarsi i capelli lunghi con una bandana per sentirsi un po' isolano, come Foster Wallace.
Se il clima di questo mini festival è così familiare è perché l'idea stessa è nata «in famiglia», nella casa newyorkese di Antonio Monda, di fronte ad una spaghettata di sua moglie Jackie (che - dicono - cucina da dio), durante una visita del loro amico italiano Davide Azzolini, l'organizzatore del Napoli Film Festival. È un po' il suo pezzetto di New York quello che Monda (critico e docente di regia cinematografica alla New York University) ha trasferito in questi giorni a Capri. Inventando così uno dei più rilassati e piacevoli tra i salotti letterari d'estate. Un salotto a cui, almeno per qualche giorno, è possibile partecipare.
Ecco, ora però non immaginate una banda di amici caciaroni in gita. Non è questo il caso. Il fatto che siano scrittori contemporanei di lingua inglese li ha messi insieme. Alcuni poi, si stanno simpatici, e magari qualche volta si frequentano anche in patria. Ma non potrebbero essere più diversi. E se chiedi loro se si sentano rappresentanti di una stessa scuola... apriti cielo. Mettono su il muso e uno dopo l'altro ti ricordano che «scrivere è un mestiere solitario», che «è bello leggere cose diverse da quelle che si scrivono», che «catalogare, sezionare, analizzare gli scrittori è roba da critici, non chiederlo a me che sono l'animaletto sotto esame». Amici sì, insomma, ma ognuno per conto suo.
Quasi a dimostrare quanto in fondo siano tra loro diversi i cinque ospiti capresi arriva l'elegante libello prodotto per l'occasione. Cinque brevi pezzi inediti, donati dagli autori. C'è l'articolo femminista dell'anglogiamaicana Smith; il racconto del dualismo Usa e Europa di Eugenides, l'americano di ascendenza greca nato a Detroit che ha passato cinque anni a Berlino; il ricordo dell'uragano Katrina di Franzen, il ritorno da Israele di Englander. Cinque mondi, cinque sensibilità.
Eppure c'è qualcosa di molto potente che li accomuna. Spiega Antonio Monda: «Una delle caratteristiche più affascinanti della letteratura di lingua inglese contemporanea, ed in particolare di quella americana, consiste nel riflettere l'incontro, e a volte il contrasto, tra culture differenti che si sono trovate a convivere in paesi caratterizzati da una madrelingua dominante nell'intero pianeta, e che proprio in quella lingua hanno trovato un primo elemento unificatore, riuscendo tuttavia a mantenere una propria identità. È possibile che nel momento della scrittura alcuni autori non siano immediatamente consapevoli di questo processo, e forse neanche particolarmente interessati alle relative conseguenze di tipo espressivo ed artistico.
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