Quei dipinti mai visti a Brera

Dopo un lungo stop, riprende il progetto che mette in mostra le opere custodite nei depositi. Sono quasi un migliaio i capolavori «nascosti» e quelli prestati a ministeri, chiese e tribunali

In attesa dell’edificazione della Grande Brera che dovrà dare spazi adeguati alle raccolte della Pinacoteca (ma il progetto, a quanto pare, è in pieno stallo e si attende ancora di sapere se e quando arriveranno le risorse), la sovrintendente Sandrina Bandera rilancia dopo tre anni di stop un’operazione interessante e anche gradita al pubblico: quella di mostrare periodicamente opere d’arte antica e moderna che giacciono nei magazzini e che quasi nessuno ha mai visto. Oggi tocca al recentissimo acquisto di una piccola ma preziosa tavola raffigurante la Madonna con bambino realizzata intorno alla metà del Quattrocento dal Maestro di Pratovecchio. È la ventiquattresima opera esposta finora, prima che venissero a mancare i fondi a copertura, oggi ripristinati grazie all’intervento di Intesa Sanpaolo. Il progetto, dall’emblematico titolo di «Brera mai vista», ha permesso di riesumare fino ad oggi capolavori che erano custoditi nei due depositi interni alla Pinacoteca e nei numerosi siti esterni come chiese, ministeri, tribunali, ambasciate, Quirinale e persino altri spazi espositivi cittadini, come la Galleria d’arte moderna. Parliamo di un migliaio di opere, di cui 697 custodite nei depositi interni (numero che è circa pari a quello delle opere esposte nel museo) e 386 nei siti esterni. Nei magazzini c’è praticamente di tutto: tavole del Quattrocento, dipinti di Hayez, della scuola di Annibale Carracci, senza contare pale d’altare e affreschi delle chiese soppresse, eseguiti dagli esponenti del grande Rinascimento lombardo, come il Bergognone. Tra i dipinti che hanno visto la luce fino ad ora, figurano l'Immacolata Concezione di Bernardo Cavallino, l’Autoritratto di Johann Kupezky, il San Girolamo penitente di Giovanni Contarini, Lo Scherno di Cam di Bernardino Luini. «A parte la soddisfazione di mostrare per la prima volta queste opere - dice la curatrice del progetto Cristina Quattrini - il progetto è anche un’occasione per ricostruire nuovamente la loro storia attraverso l’analisi di studiosi di livello internazionale». La mostra è infatti accompagnata da un volumetto edito da Skira che racconta storia e ricerche sul dipinto.
L’opera del Pratovecchio, esposta da oggi fino a settembre nella sala 31 della Pinacoteca, ci mostra una Madonna giovanissima dallo sguardo malinconico, serrata in una esigua nicchia dal fondo damascato, nell'atto di sostenere il Bambino benedicente. «È un dipinto importante -sottolinenao i curatori- che fino ad ora era noto praticamente soltanto attraverso una fotografia pubblicata da Roberto Longhi in un saggio dedicato a ricostruire la figura del suo autore».
L’autore, che solo ultimamente è stato identificato con la figura storica di Giovanni di Francesco del Cervelliera, socio fra il 1440 e il 1442 di Filippo Lippi, testimonia le ricerche in atto nella pittura fiorentina nel quinto decennio del Quattrocento, attenta al rigore prospettico vestito di colori luminosi come nella pala di Santa Lucia dei Magnoli di Domenico Veneziano, ma anche al chiaroscuro mobile, alle inquietudini dei personaggi di Filippo Lippi.
Parrebbe curioso un nuovo acquisto da parte della Pinacoteca che non sa più dove allocare la sua grande collezione. «Gli acquisti da parte del Ministero avvengono periodicamente - sottolinea la Quattrini - e in questo caso si voleva colmare un periodo abbastanza sguarnito per la Pinacoteca, il Quattrocento toscano».

Arte antica ma non solo, visto che in passato l’operazione si è anche estesa al Novecento, con la «Lampada» di Mario Sironi e due opere di Fontana. Così, il prossimo autunno, accanto a due pale d’altare di Gerolamo Giovenone, comparirà in bella mostra anche un ritratto di Alberto Moravia firmato Guttuso.

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