Quei ladri di bitte che rubano la storia del porto di Genova

Quei ladri di bitte che rubano la storia del porto di Genova

(...) ma non aiutano i magistrati a finire sui giornali. O forse perché hanno il peso della ghisa fusa e non dei milioni di euro che transitano ogni giorno sulle banchine con un semplice clic del mouse. Perché i ladri rubano a tutti e quindi a nessuno, rubano al porto, a Genova e alla sua storia, a chi non vede a rischio i conti della propria società.
Mentre guerre di perizie, udienze e testimonianze devono ancora chiarire a chi spetta l'uso di una banchina o la concessione di una calata, in pochissimi si sono accorti che nel porto di Genova si stanno fregando persino le bitte, quei caratteristici blocchi di pesante ghisa cui vengono ormeggiate le navi. Tra questi pochissimi che non hanno chiuso gli occhi, per fortuna, c’è un gruppo di carabinieri vecchia maniera, che i computer e i nuovi strumenti li usa, ma non ha bisogno di intercettazioni per accendere l'interruttore del proprio intuito. Al Nucleo tutela patrimonio artistico dell'Arma c’è chi si è accorto che, con la scusa della modernizzazione, dei tanti lavori in corso, in porto stanno sparendo le antiche bitte, quelle tipiche fatte a fungo, più o meno pesanti e colorate di tanti colori diversi a seconda del titolare della banchina, come le facciate dell'angiporto o le case di Portofino.
Sono un pezzo di storia della città, molte risalgono ancora alla fine dell'Ottocento. Qualcuna avrà tenuto fermo il Rex o l'Andrea Doria, un piroscafo di emigranti o una delle prime lussuose ammiraglie della flotta Costa. Eppure quando c’è qualche molo da sistemare o da ampliare, vengono smontate, sostituite con altre più moderne, forse più funzionali, di certo meno costose e romantiche. Poi, le storiche bitte spariscono. Magari per riapparire, all'improvviso, nel negozio di qualche rigattiere, o addirittura su qualche sito internet che offre pezzi di antiquariato originali a prezzi neppure troppo alti. I carabinieri del nucleo Tpa hanno così deciso di vederci chiaro. Stanno lavorando a questa inchiesta in gran segreto da molti mesi anche se, a chi prova a contattarli, rispondono un po' seccati che non c’è nulla da sapere.
Sanno però che devono fare i conti con il mondo del porto, tradizionalmente poco avvezzo a mantenere i segreti. Per quanto l'inchiesta sia stata condotta con la massima discrezione, in banchina tutti sanno che in caserma sono già stati convocati diversi impiegati e funzionari. Geometri e titolari delle ditte incaricate di svolgere i lavori in porto e magazzinieri, tecnici del settore opere marittime e operai. Un passo dopo l'altro, sono stati ricostruiti tutti gli spostamenti delle bitte, almeno fino a quando la traccia non si interrompeva. Fino a quando l'ultimo spostamento non risultava essere davvero l'ultimo, perché le stesse bitte non si trovavano più là dove secondo i documenti ufficiali sarebbero dovute essere.
In alcuni casi l'indagine dei carabinieri ha permesso di ritrovare qualche pezzo nel magazzino dove correttamente era stato stoccato. In altri casi invece sono scattati i sequestri di aree in cui le bitte erano state nascoste.

Fino a qualche settimana fa, nei pressi della Lanterna, c'erano due container contenenti pezzi storici smontati dal porto e destinati a essere rivenduti al mercato nero. Ora quelle bitte sono state trasferite in un luogo probabilmente ritenuto più sicuro e magari affidate a un custode.

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