Per quei matti di psichiatri siamo tutti pazzi

Buongiorno, sono un matto. Davanti ad arbitri e vigili urbani penso le cose più turpi, sento fluire dentro di me turbinose potenzialità da serial killer. Credo di non essere il solo ad avvertire simili pulsioni: per questo, credo anche di non essere il solo matto in circolazione. Guardandomi in giro, credo anzi d’essere circondato da matti. Per le ragioni più diverse, sono tutti matti. Prima pensavo fosse una generica sensazione, adesso posso dirlo con cognizione di causa, sulla base di fondati presupposti scientifici: a confortarmi, sta per arrivare il nuovo «Diagnostic and statistical manual of mental disorders», meglio noto negli ambienti accademici come la «Bibbia della psichiatria», in fase di revisione negli Stati Uniti e pronto a uscire nel 2013.
Da quanto si sente già raccontare in giro, l’ultimo aggiornamento del sacro testo sui disagi mentali è come un fucile a pallettoni che improvvisamente allarghi di brutto la rosa dei suoi colpi. Ci prende tutti, prende tutto: i disturbi veri, già noti, considerati classici dall’ortodossia psichiatrica, ma anche una tale serie di nuove manifestazioni, che alla fine non lascia fuori sostanzialmente niente e nessuno. A sostenerlo sono autorevoli figure dello stesso mondo psichiatrico, che si sono riunite a Londra negli ultimi giorni per lanciare un allarme molto inquietante: attenzione, hanno detto al mondo intero, il nuovo testo sacro rischia seriamente di trasformarvi in un mondo di matti. Segue sinistro esempio: già il precedente aggiornamento del librone ha fatto danni, allargando i criteri diagnostici di tre malattie come Autismo, Deficit di attenzione e iperattività, Disturbo bipolare pediatrico. Oggi ci ritroviamo con risultati nefasti: nella sola America risulta un’«epidemia» delle tre malattie. Molti bambini, rientrati improvvisamente nei nuovi parametri, sono vittime di un eccesso farmacologico, costretti a prendere farmaci seri come il «Ritalin» senza averne un reale bisogno.
Certo potremmo liquidare l’intera questione dicendo che basta mettersi dietro una panchina dei giardinetti, origliando i discorsi dei nostri pensionati, per scoprire che «ormai qui sono tutti matti». Ma un conto è l’amaro vegliardo, un altro è questa insidiosa tendenza a classificare qualsiasi manifestazione umana appena sopra o sotto le righe come patologica, dunque bisognosa di intervento specialistico e di relativa cura farmacologica. Siamo alla tumulazione ufficiale dell’imprevedibilità, dell’eccentricità, dell’originalità. La varietà degli umani e dei loro comportamenti diventa sempre più preoccupante espressione di malattia. In qualche caso certamente così è. Ma il sospetto che si stia calcando la mano per diversi motivi, per accanimento scientifico e anche per inconfessabili fini di lucro, resta fondato. Aggiornando la «Bibbia», inserendo continuamente nuovi casi e nuove sindromi, gli psichiatri alzano inevitabilmente il fatturato. Con loro, l’industria farmaceutica. Il meccanismo non è poi così sofisticato e misterioso: basta abbassare la soglia della normalità, considerando normale solo chi dorme (bene, altrimenti ha disturbi del sonno), e il numero dei pazienti si allarga in modo esponenziale. Se anche il lato particolare di un carattere, o una fragilità, o una debolezza, diventa in qualche modo patologico, abbiamo trovato la gallina dalle uova d’oro: si apre un mercato di prospettive illimitate.
Fantascenario? Non c’è fantasia. Qualcosa è già dimostrato, nel nostro piccolo, in Italia. Statistica ufficiale: dal 2000 al 2003, epoca di altri aggiornamenti, complice il famigerato 11 settembre 2001, l’uso degli psicofarmaci è aumentato del 75%. Come se in tre anni, improvvisamente, il numero dei malati fosse quasi raddoppiato. Non è logico. Evidentemente c’è qualcosa di particolare: quando tutto dev’essere incasellato, inquadrato, definito, in ogni caso ricondotto a un ideale e arbitrario concetto di normalità, in tanti ci ritroviamo fuori registro. Casi clinici. Gente da curare. Cioè prodotti perfetti di una formidabile filiera sanitaria, che sfornando disturbati mentali occupa e arricchisce una moltitudine di addetti.


Matti per matti, poniamoci però una domanda: siamo più preoccupanti noi, che ogni domenica vorremmo torturare barbaramente un arbitro, ma poi il lunedì mattina abbiamo già altro per la testa, o sono più preoccupanti gli psico-guru, che stanno diserbando l’umanità con il loro napalm farmacologico?

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