Quei quarantenni immaturi tutti corna, belle auto e illusioni

Salvo le rughe, mogli e mariti di Baciami ancora di Gabriele Muccino sono come nell’Ultimo bacio. Dieci anni dopo vagano per le loro esistenze senza aver dimenticato nulla, senza aver imparato nulla: ancora scambiano l’innamoramento, più breve che una gravidanza, con una prospettiva duratura di felicità, quando già raggiunger la serenità sarebbe un’apoteosi.
Da un’infanzia non più tanto recente, i nostri non-eroi del ceto medio romano procedono verso una vecchiaia meno remota dell’adolescenza. Dribblata la maturità, ora sostano per stanchezza, come fa il personaggio di Accorsi. L’alter ego di Muccino ronza attorno alla moglie (Vittoria Puccini) un po’ perché le ragazze che si sceglie sono moleste come lei, un po’ perché, vivendo con un amante (Adriano Giannini), è lei che ora rappresenta un’avventura.
Esistono in Italia tanti quarantenni con caratteristiche puerili da giustificare questi personaggi? Per Muccino sì, a cominciare da lui e dagli amici stretti. Avrebbe riversato anche qualcosa degli interpreti nei personaggi. Se è così, peccato: da una generazione risentita verso i genitori sessantottardi come quella di Muccino ci si aspettava che non finisse col somigliarle. Le quarantenni odierne sono come quelle di ieri. Prima possessive, poi disgustate. Però anche nella commedia all’italiana l’uomo aveva un punto di riferimento: il lavoro. Nemmeno più questo è vero per i personaggi di Baciami ancora, che lavorano solo per ingannare il tempo, fra un’illusione sentimentale e l’altra, fra una velleità esistenziale e l’altra.
Baciami ancora riflette una frazione d’Italia? Sì e come specchio funziona. Ma è il rifacimento senior, più che il seguito, dell’Ultimo bacio.

Talora evoca l’ultimo Ozpetek, quindi il regista Muccino congedi lo sceneggiatore Gabriele e promuova Daniela Piazza. Esenti i bimbi dalla scuola almeno d’estate, gli adulti dalle auto nuove e torni alla cifra dei film precedenti, che finivano al momento giusto. Può permetterselo.

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