Federico Guiglia
Il Partito democratico ancora non cè, ma un primato lha già raggiunto di sicuro: è il partito di più lunga gestazione che la storia moderna ricordi. «Undici anni», ha detto nei giorni scorsi lo stesso Romano Prodi, il leader un po demiurgo e un po ostetrico dellesperimento. Undici anni di discussioni e di primarie, di marce e retromarce, di gruppi parlamentari uniti e disuniti, ma il traguardo è ormai vicino, sassicura da quelle parti: e il bambino (o la bambina, in correttissimo omaggio alle «pari opportunità») nascerà.
E tuttavia di questo parto politico annunciato - o minacciato, per chi tra gli alleati non lo condivide - mancano tuttora i presupposti e sfuggono comunque le finalità. Presupposto di chi fa politica è il cercare, come banalmente ma veramente si dice, di «cambiare la società». Cambiarla secondo il proprio programma e le proprie passioni: per questo si costituiscono i partiti. E per questo i partiti si candidano alla guida dei governi e dei Paesi: per migliorarli, per rinnovarli. Ma qui siamo alla prospettiva esattamente rovesciata. Il Partito democratico sorgerebbe non prima ma dopo lapprodo dei suoi rappresentanti al governo. Anzi, è lesercizio del potere che in qualche modo dovrebbe indurre anche gli ultimi dubbiosi al grande passo, dando vita al partito che non cè. Non, dunque, un partito per cambiare lItalia, ma lItalia per cambiare il partito. Posto che oggi nellesecutivo convivono rappresentanti delle due - almeno due - formazioni principali chiamate a sublimarsi nel Partitone di domani: Ds e Margherita comè noto, ossia la sinistra alla ricerca didentità e il centro che pensa daverla trovata con la sinistra.
Ma a questa curiosa inversione di metodo, per cui lagognato Partito democratico non è la causa ma la conseguenza dellesistenza del governo, saggiunge linsormontabile problema di merito, che diventerà la vera questione di principio: per fare quale politica dovrebbe prevedersi il partito al di là del centro e della sinistra? Una politica più di centro o una politica più di sinistra? Perché gira e rigira, sempre lì si va a finire, dalle parti di scelte e approcci politici che non si possono abolire per carità di (nuovo) Partito. Il punto non è annacquare la sinistra italiana o camuffarla per quel che non è in alcuna parte del globo; il punto è renderla moderna e attrattiva anche per chi non abita nellhabitat progressista. Stesso discorso vale per la Margherita, che se crescesse storcendosi a sinistra, perderebbe i suoi petali dautonomia. Gli unici che ne giustificano lesistenza politica per avvolgere quanti guardano a sinistra ma non sono né vogliono diventare di sinistra. Un gran pasticcio che dà la spiegazione, altrimenti incomprensibile, degli undici anni dattesa per non dirsi «addio»; per forza ci mettono così tanto nellera pur supersonica di Internet, per conciliare linconciliabile.
Perché non è vero che lautentica differenza da prendere in considerazione sia quella che cè tra il radicalismo da una parte e lUnione o Ulivo che dir si voglia dallaltra, cosa che avrebbe dovuto rendere molto facile e piuttosto rapida la nascita del Partito democratico.
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