Quella grande voliera chiamata Roma

Gian Piero Milanetti

Parrocchetti dal collare a Villa Borghese e Villa Torlonia. Merli parlanti indiani alla Magliana e ai Castelli Romani. Uccelli tessitori africani a Maccarese. Non sono più solo le strade ad essere da qualche tempo, sempre più «variopinte». Ora anche il cielo di Roma si colora di esotico. Accanto a storni, piccioni e cornacchie, infatti, sfrecciano, sempre più numerosi, volatili d’altri continenti, dai richiami chiassosi e con piumaggi dalle tinte carnevalesche.
Roma è il paradiso di centinaia di uccelli esotici, liberati o scappati dalle gabbie, o fuggiti da casse per il trasporto apertesi accidentalmente all’aeroporto di Fiumicino. Volatili che nella Capitale trovano un clima accogliente, alberi da frutta esotici in ogni parco e un cielo sgombro da predatori in grado di catturarli.
A loro agio sui Sette Colli, come sui monti di Ceylon e dell’India, sono i Merli indiani, o Maine. «Alla Magliana, intorno all’Ospedale Israelitico, all’altezza dell’ansa del Tevere - rivela Corrado Teofili, naturalista del Wwf - c’è una nutrita colonia di merli indiani. Sono almeno una trentina di coppie. Fanno il nido sugli alberi e sotto i tetti, ma soprattutto in buchi nei muri. Ma da dove vengono? Perché si trovano qui? Pare che i primi esemplari siano stati liberati (o sono fuggiti) da un appassionato una decina di anni fa. Sono quindi riusciti ad adattarsi al clima, a trovare il cibo adatto e un luogo dove stabilirsi. E a moltiplicarsi. Un evento: Non solo, infatti, succede solo una volta su cento, ma capita solo alle specie non locali».
Gli ornitologi ritengono che l’Italia - e Roma in primo luogo - sia alla vigilia di una vera e propria esplosione demografica, un boom di nascite, dei merli indiani. «Fino a qualche tempo fa - spiega Fulvio Fraticelli, curatore generale del Bioparco - le osservazioni di maine erano un paio all’anno. Ora sono aumentate di molto. Arrivano con una certa frequenza avvistamenti di stormi in volo sulla città. Ce ne è ad esempio uno di una quindicina di esemplari alla Caffarella. Un altro di circa venti maine si è stabilito ai Castelli Romani, ai Pratoni del Vivaro».
Hanno scelto Roma come loro patria d’adozione anche i Parrocchetti dal collare. Grandi più di uno storno e meno di un piccione, di color verde smeraldo, allegri e chiassosi, hanno trovato a Villa Borghese uno spicchio di Africa e d’Asia, loro terre d’origine. «Tre anni fa - ricorda Fulvio Fraticelli, uno degli ornitologi più esperti d’Italia - ho seguito personalmente le prime coppie, fuggite o liberate da una gabbia, che hanno fatto il nido nel parco. Si sono riprodotte su alcuni pini monumentali che crescono ai lati di piazza di Siena. Molti sono ancora lì. I Parrocchetti del collare hanno la caratteristica di nidificare nei buchi degli alberi e quindi si trovano a perfetto agio in parchi, come Villa Borghese, ma ovunque ci siano alberi vetusti, dove trovare delle cavità e fori, tra il marciume dei tronchi, in cui potersi liberamente costruire il nido».
Da Villa Borghese, il parrocchetto dal collare ha decollato alla conquista di Roma. «Ha colonizzato Villa Pamphilj», spiega Monica Pitzalis, ricercatrice dell’università di Roma Tre. Ed è di casa anche a Villa Torlonia e a Monteverde Vecchio. Una coppia, infine, ha fatto il nido nel parco più ricco di fauna della Capitale: la Caffarella, a ridosso della via Appia Antica. Roma, tra l’altro, rappresenta un habitat ideale per questa specie, non solo grazie alla sua posizione geografica e al microclima temperato di cui gode, ma anche e soprattutto per la grande varietà di piante autoctone o esotiche diffuse in tutta la città. Il parrocchetto dal collare, infatti, ritrova nei parchi e nei giardini di Roma una gran varietà di alberi di cui mangia semi o frutti: palme da datteri, magnolie, aranci ornamentali, cipressi.
Un altro pappagallo che nella Capitale potrebbe adattarsi e riprodursi è l’Amazzone Frontegialla. Verde come i parrocchetti, l’amazzone è però più grande, ha la testa coperta di piume gialle e la coda corta. Nonostante sia un uccello anche molto costoso (un esemplare può costare anche migliaia di euro), numerosi sono gli avvistamenti attendibili riportati al Centro italiano studi ornitologici (Ciso), la più importante struttura di studio sugli uccelli in Italia.
Nei parchi di Roma, evidentemente, per adesso, le amazzoni non hanno ancora individuato siti adatti per nidificare e, soprattutto, non hanno ancora formato delle coppie stabili e fertili, pronte a riprodursi. Come invece è accaduto a un’altra specie esotica, nella campagna di Fiumicino.
«Un piccolo uccello africano - conclude Fulvio Fraticelli - ha colonizzato i canneti delle vasche di Maccarese. È un tessitore, una sorta di passero esotico, bellissimo, di color giallo-oro e nero. È detto «tessitore» perché, intrecciando fili di erba, costruisce nei canneti dei nidi con l’ingresso pendulo, per impedire (in Africa!) ai serpenti di penetrare nel nido e predare i piccoli». Pericolo che da noi non corre.

Arrivati dal Continente nero nel vicino aeroporto di Fiumicino, destinati a piccole gabbie, sono riusciti a fuggire per la rottura o l’apertura accidentale delle casse in cui erano imprigionati e hanno trovato a Roma un nuovo mondo, la libertà e molti meno pericoli.

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