Quelle due ruote che misero in moto l’Italia del boom

Oggi in Triennale s’inaugura una mostra sul mitico scooter della Piaggio

Luciana Baldrighi

È stato il simbolo della ricostruzione. Sulle due ruote della Vespa gli italiani incominciarono a conoscere il loro Paese e imboccarono la strada che alla fine degli anni Cinquanta li avrebbe condotti nell’«età del boom». Siccome da noi tutto è politica, ci fu anche chi teorizzò il «partito della Vespa» contro il «partito della Lambretta»: il primo su posizioni centriste e di matrice borghese, il secondo su posizioni di sinistra e di matrice operaia. Una distinzione che negli anni tuttavia andò sempre più annacquandosi, visto che il regista Nanni Moretti, icona di un certo mondo radical-chic e progressista, ha usato la Vespa come suo mezzo di locomozione in più di un film e ne ha fatto un simbolo estetico.
D’altra parte il cinema ha compreso subito l’importanza e l’italianità di questo mezzo: il giornalista americano di «Vacanze romane» interpretato da Gregory Peck scorrazza in Vespa la bella principessina che ha il volto stupefacente di Audrey Hepburn. Nel corso della sua vita questo mezzo di locomozione è divenuto parte così integrante del linguaggio e del costume nazionale da dar vita a veri e propri tormentoni: «Chi Vespa mangia le mele» è tra i tanti, il più riuscito, il più ricordato.
La collezione Permanente del Design Italiano della Triennale di via Alemagna 6, presenta da oggi (serata inaugurale) fino al 18 dicembre, la mostra «In Vespa. Un viaggio italiano» a cura di Pier Paride Vidari con l’allestimento di Nicola Marras e con il supporto dei collaboratori Gaia Milani e Ares Bolognesi. Un catalogo di Charta accompagna la mostra.
Il 23 aprile 1946 alle 12 viene depositato nell’Ufficio Centrale Brevetti per Invenzioni e Ricerche di Firenze il brevetto per «Motocicletta a complesso razionale di organi ed elementi con telaio combinato con parafanghi e cofano ricoperti in tutta la parte meccanica». Alla documentazione vengono allegati 4 disegni. Fino allora gli stabilimenti Piaggio di Pontedera avevano prodotto treni, motrici per l’alta velocità, e motori aeronautici, anche giganteschi aerei come il P108, il quadrimotore dal 1938. Da quella produzione si passa a un veicolo a due ruote con un motore di appena 98 cavalli. Un cambiamento radicale che segnò un’epoca, un modo di vivere. Con Pontedera bombardata si passa tutto a Biella. Enrico Piaggio, figlio del fondatore, Rinaldo, chiama l’ingegnere Corradino D’Ascanio e del 1953 lavora al suo fianco. Nasce il prototipo MP, presentato alla Fiera Milano nel 1946. Poi è la volta della Monthlery, la Siluro, la 125, la 180; il prezzo è 65mila lire. La produzione non finisce qui. Nasce la Sarpi per la promozione.
La Vespa, ossia lo scooter così tanto noto da fare il giro del mondo, disegnato da Corradino D’Ascanio nel 1946, ha avuto una rapida e duratura ascesa nell’olimpo delle icone del design italiano.

La mostra al Palazzo dell’Arte (chiusa il lunedì) si propone di evidenziare non solo l’eccellenza progettuale e performativa, ma anche il valore paradigmatico che questo stesso oggetto assume all’interno della storia non lineare di una disciplina complessa come quella del design e il suo legame con il momento storico e sociale.

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