Quelle signore che accettano i propri «anta»

«Che cosa ho imparato su autenticità, bellezza, sesso, lavoro, maternità e quello che conta davvero» sente il dovere di aggiungere Anne Kreamer alla perentoria sentenza Io non mi tingo (Cairo Editore, pagg. 203, euro 13, traduzione di M. Petrillo). A cinquant’anni ha fatto outing su un temuto indice di metamorfosi per le donne: i capelli bianchi. Prende spunto dalla decisione personale di smettere di coprire l’invecchiamento, per un’indagine sulle «ripercussioni sociali» per una donna che lasci fare alla natura il suo corso.
Fra le storie più divertenti (e rassicuranti), le avventure fra i siti alla ricerca dell’anima gemella, dove a sorpresa scopre di avere più successo con le foto in cui si mostra al naturale. Fra quelle più interessanti, la trasformazione delle abitudini femminili dagli anni ’50 a oggi: se allora ricorreva alle tinte il 10 per cento delle donne, oggi si oscilla fra 40 e 75. La stessa proporzione fra pochi anni potrebbe riguardare le nuove generazioni per la chirurgia estetica.
La Kreamer fa anche due chiacchiere con l’amica Nora Ephron, autrice de Il collo mi fa impazzire (Feltrinelli, pagg. 131, euro 10, trad. Delfina Vezzoli), la quale si concentra sul «tacchiname» epidermico, rivelatore del numero di primavere, per lanciarsi in un manifesto della resistenza all’invecchiamento - «invecchiare è roba da rammolliti», ammoniva Bette Davis.

La Ephron (autrice di Harry ti presento Sally e altre garbate commedie) si applica con la consueta ironia a tutte le astuzie per vincere l’orrido passaggio dalla maturità alla senilità, e di smettere non ha nessuna intenzione.

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