La Quercia spegne Diliberto: «Conta poco»

Roberto Scafuri

da Roma

Visibile è visibile, e l’obiettivo può dirsi raggiunto. Forse neppure se avesse dichiarato che Bush è un maniaco sessuale, Oliviero Diliberto sarebbe riuscito ad attirare sul Pdci in crisi di strategia politica i riflettori dei media, come in questi giorni di (riuscitissima) operazione-immagine. L’idea di chiedere a Mentana un confronto televisivo con Silvio Berlusconi si è rivelata vincente, grazie alla pronta disponibilità del premier e ai nervi scoperti di alcuni degli alleati «maggiori». Ma oggi i comunisti (post)cossuttiani possono dirsi al centro del «fuoco amico», e sembrano starci arcicontenti. I conti naturalmente si faranno alla fine, sulla base dei voti raggranellati, e nessuno si fida a dare numeri. Neppure Diliberto, che in un’intervista all’Adn Kronos, si trastulla: «Ho appena lasciato la sfera di cristallo a casa... ».
Con i partiti «concorrenti» la rivalità fa scintille. La Rosa nel pugno si è distinta nelle critiche sulla scelta del match tv con Berlusconi. Bertinotti, che ha difeso quella scelta, si è limitato invece a prendere le distanze da certe affermazioni dilibertiane, «un modo di esprimersi che non mi appartiene». La reazione è veemente. Marco Rizzo ne approfitta per dire che «lezioni da quei campioni di coerenza che sono Pannella e Bertinotti non ne accetto». Bertinotti «pochi anni fa fece cadere il governo di Prodi per poi azzerare tutto il patrimonio, i valori e i programmi dell’idealità comunista»; Pannella «fino a ieri flirtava con il Cavaliere e oggi, pur stando nel centrosinistra, ha le posizioni più berlusconiane sulla politica estera e i diritti dei lavoratori». Da loro, conclude, «non abbiamo niente da imparare». Bertinotti ha già più volte dichiarato il suo «no comment» su ciò che riguarda gli ex compagni di strada, «preferisco parlare di politica». Il radicale Capezzone si concede un’aspra annotazione pseudo-lombrosiana: «Diliberto e Rizzo sono in assoluto i volti più respingenti di questi ultimi trenta giorni di campagna elettorale... ». E Pannella accusa: «Per ogni voto che il vero comunista Diliberto potrà sperare di strappare all'interno dell’Unione, ve ne sarebbero almeno due grazie a lui respinti e indotti a tornare a votare la Casa delle libertà».
Di politica, ancora una volta, se ne vede pochina. La logora Federazione a sinistra con i Ds viene respinta al mittente con un po’ di sufficienza. Il segretario Fassino sottolinea che il progetto di Partito democratico «non nasce oggi ma da dieci anni di storia e vogliamo continuare lungo questa strada: costruire una grande forza, l’Ulivo, che sia capace di rappresentare le ansie, le aspettative e le domande della maggior parte degli italiani». Una risposta «non convincente, c’è bisogno di sinistra», ribatte Rizzo. Ma il senso compiuto della posizione della Quercia arriva dal presidente D’Alema. «Capisco che si dia molta enfasi alle cose che dice Diliberto perché questo può fare comodo. Ma egli va valutato per il peso che ha, che è piccolo. Non perché non sia una persona vivace e simpatica, ma perché è piccola la sua quantità di consensi... ». A ognuno il suo, dunque. «Nel centrosinistra ognuno ha pari dignità - dice D’Alema -, ma noi parliamo dell’Ulivo, cioè di una formazione che rappresenta un terzo degli italiani, che in quasi tutti i Paesi europei sarebbe messa in condizione di governare da sola se non ci fosse una legge elettorale sgangherata...

Ciò che sostiene Diliberto è rispettabile, con il suo 2 per cento seguirà una strada, ma noi dell’Ulivo, con il nostro 34 per cento, ne faremo un’altra. Non è proprio la stessa cosa, lo capisce chiunque, anche Berlusconi, pure se a lui fa comodo far finta di non capirlo». I conti, appunto, si faranno alla fine. Quando Diliberto porterà da casa la sfera di cristallo.

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