Roma - Onorevole Antonio Martino, cosa pensa delle voci su un governo Monti?
«Faccio una premessa: se Monti ha ottenuto l’incarico di commissario europeo lo deve a me. Ci misi quindici giorni per convincerlo ad accettare. Riteneva di non essere qualificato in quanto economista monetarista ad occuparsi di mercato interno».
Se ne è pentito?
«No. Ritengo che come commissario abbia fatto onore all’Italia».
E come lo vedrebbe alla guida di un governo tecnico?
«È la tentazione dei soliti noti, dell’establishment, di sfuggire alle regole della democrazia assegnando posti a quelli che contano».
C’è chi dice che Monti potrebbe accettare soltanto di fronte a una «chiamata generale».
«Non credo che nessun cittadino che abbia a cuore la democrazia possa accettare l’idea di un governo tecnico. Personalmente considero il governo Dini alla stregua di un colpo di Stato. Mi auguro non si ripetano certi trucchetti».
È contrario a qualunque governo tecnico?
«Sì perché rappresentano un vergognoso tradimento della volontà popolare. Togliatti sosteneva che essi sono “i peggiori di tutti i governi reazionari”».
Pensa che qualche dirigente di partito possa coltivare l’idea di cedere il passo a un tecnico per fargli fare il lavoro sporco?
«Se la politica accettasse di farsi da parte sancirebbe la sua inutilità. L’antipolitica è una vecchia malattia italica, una favola che si racconta la società civile, per dirla con Panebianco. Ma certo non guarisce con i governi tecnici».
La classe politica attuale è ancora in grado di guidare l’elettorato oppure ne subisce soltanto gli umori?
«La demagogia sta montando. Ci sono segnali pericolosi come l’elezione di De Magistris a Napoli. Oppure l’adesione dell’ex liberalizzatore Bersani al referendum contro la cosiddetta privatizzazione dell’acqua, un referendum che nasce in Sicilia dove la mafia ha il controllo delle cisterne dirette alle aree non coperte dagli acquedotti».
In ogni caso è suonato un campanello d’allarme per la politica.
«Ma la democrazia funziona così: gli elettori prima o poi si stancano anche dei buoni governi. É successo a Winston Churchill così come a Helmut Kohl».
Perché il centrosinistra mostra una irresistibile attrazione per i tecnocrati?
«È un fenomeno curioso. Una volta quelli che si mostravano scettici rispetto alla capacità degli elettori di produrre le scelte migliori sedevano a destra. A sinistra c’era chi come Togliatti addirittura si diceva contrario alla Corte Costituzionale temendone gli sconfinamenti. Ora invece è a sinistra che piace l’idea del colpo di Stato. Addirittura c’è chi come Asor Rosa arriva ad auspicarlo apertamente».
Pensa che la Lega si presterebbe a un’operazione Monti?
«No, il suo elettorato non apprezzerebbe. Un elettorato che più che altro soffre per la mancata realizzazione della riforma fiscale».
Quale consiglio darebbe oggi a Berlusconi?
«Di porre fine a questa stagione in maniera eclatante. Di presentarsi in Parlamento con una grande e vera riforma legando l’esito di quel voto alla sua permanenza in politica, come fece De Gaulle».
Una sorta di
«Sì, una grande, ultima scommessa. E vedrete che se dovesse andare male, in molti lo rimpiangeranno. È facile parlare male di Berlusconi ma sostituirlo può essere ancora più difficile. Per tutti».
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