Questo stordirsi all’aperto dei giovani, che bevono vagando col bicchiere in mano tra bottiglie che rotolano, da noi prima non c’era. Si vedeva nelle città inglesi fuori di certi pub, dove la gente agitava i boccali di birra così ubriaca, da non sapere se votarsi a una rissa o salutarsi. Ed erano semmai gli studenti americani che abusavano di quelle bevute selvagge, che però all’Europa latina di una volta davano il disgusto. Perché certo, anche nel nord d’Italia si beveva, ma al chiuso, e si esagerava giocando a carte al bar.
In un’altra maniera quindi, e non in quella posa cinematografica dei nostri giovani, che a Campo dei Fiori o in Corso Magenta sono tutti lì ad affollarsi per strada, contagiati, americanizzati da tv e filmetti americani. Perché neanche in Veneto, dove l’alcol era più un problema, appunto si beveva come bevono i giovani ora. Fino a qualche settennio fa, non solo si restava al chiuso, ma il bere poteva ancora quasi dirsi riflesso di fami ataviche, di un vino cibo di riempimento, da esagerare in un rito ingenuo. Il bere era per l’appunto più ingenuo, meno sceneggiato ed estroverso. Ora è una vera posa etilica recitata: la replica di quanto succhiato in anni di video o tv.
E però, per quanto innaturale agli italiani, questo vizio, come non pochi altri e pessimi esiti della globalizzazione, ormai dilaga. E giustifica la severità del Comune di Milano, che dai film americani, dove l’esito di questo reato è la prigione, ci fa con le sue multe alle famiglie almeno ritornare in Italia. Ed è un gran bene. Perché quello stordirsi degli europei del nord per quanto disgustoso, ha almeno una spiegazione. Li aiuta, siano inglesi o tedeschi a separarsi da una comunità che li ingloba, e sovente li comprime. È per loro vincere l’atavica timidezza e un dare quindi forza maggiore, seppure precaria, all'individualismo. Ma in una nazione in cui i vincoli e i divieti comunitari hanno la povera forza che hanno in Italia, invece il bere peggiora solo le cose. In una nazione, come la nostra, di sfacciati individualisti, l’alcol eccita soltanto i nostri vizi. Ai nostri guai ne somma di ulteriori; senza importare nessuno dei molti pregi che almeno quelle nazioni hanno da sobrie.
Si può infatti anche approvare Raymond Poincaré, presidente francese di una volta, quando diceva che gli Stati Uniti erano trascorsi dalla barbarie alla decadenza senza conoscere la civiltà. Ma resta il fatto che, per esempio, nelle varie scuole americane non si copia, o meglio, si educa a sentire umiliante un gesto che in Italia educa invece al compiacimento i furbi. Vige là un principio di responsabilità più potente: quello che nei vari film appunto conduce alla fine in prigione pure gli adolescenti. Invece in Italia la pressione delle comunità, o dello Stato, è inesistente. A scuola si copia, e chi sbaglia, pure lì, quasi mai paga. Infatti la legge del comune di Milano multa i genitori. Insomma il disastro di questo bere gli alcolici in misura smodata dei giovani italiani è in questa sua origine fittizia e televisiva, che lo rende grottesco.
Quel vagare etilico dei giovani nelle nostre vie storiche in posa da spiaggia della Florida, o da Amy Winehouse, eleva solo la nostra molestia, peggiora un’asocialità innata. Ci americanizza nel peggio e non nel meglio, come sovente capita pure a molte colonie.
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